L’iconoclastia di oggi non ha niente a che vedere con quel movimento religioso sorto nella chiesa bizantina nei secc. VIII e IX, contrario a ogni forma di culto per le immagini sacre e propugnatore della loro distruzione.
L’iconoclastia di oggi è una furia antirazzista che sta facendo scempio di statue sparse un sparse un po’ dappertutto, tutte riconducibili a teorie o atteggiamenti razzisti o antidemocratici.
L’ultimo episodio di violenza ‘talebana’ ha investito questa notte la Capitale, dove via dell’Amba Aradam è diventata via George Floyd: e il largo omonimo, davanti la casa di Alberto Sordi, viene intitolato a Bilal ben Messaud, morto a Porto Empedocle il 20 maggio scorso. Dagli Stati Uniti la protesta si è spostata in Italia già nei giorni successivi all’episodio cruento che ha visto la morte dell’afroamericano Floyd per mano della polizia.
Le azioni – il cambio di nome sulle targhe toponomastiche nonché l’imbrattamento al Pincio di una statua dedicata al generale che guidava le truppe italiane in Eritrea – sono state rivendicate dalla rete “Restiamo umani” il cui obiettivo è portare a Roma la voce del “Black lives matter”, sulla scia delle proteste mondiali seguite alla morte di Floyd nel Minnesota.
“Appare evidente la necessità di riportare una narrazione storicamente veritiera del colonialismo italiano, delle brutalità compiute da uomini che ancora oggi le nostre istituzioni continuano a celebrare come grandi personaggi che hanno plasmato la cultura di questo paese, rimuovendo la verità sulle violenze e gli stermini compiuti dagli italiani in Africa” si legge in un post Facebook che accompagna le foto dell’iniziativa. Quindi la richiesta degli attivisti che “la nuova stazione della Metro C non sia dedicata alla battaglia dell’Amba Aradam, ma ricordi al contrario le vittime del razzismo, come George e Bilal”. A tal proposito è stato affisso uno striscione anche sul cantiere per la realizzazione della fermata della terza linea della metropolitana: “Nessuna stazione abbia il nome dell’oppressione” si legge sullo striscione. Sul posto sono intervenuti Decoro urbano e polizia per la rimozione di cartelli e striscioni.
A Milano, invece, nei giorni scorsi è stata coperta di vernice rossa la statua in ricordo del grande giornalista Indro Montanelli, colpevole di avere di avere spostato una dodicenne eritrea quando era soldato in Africa. Sul basamento anche le ingiurie ‘razzista’ e ‘stupratore’. Il gesto è stato rivendicato dal gruppo Rete Studenti Milano e da LuMe (Laboratorio universitario Metropolitano).
Da giorni si era tornati a parlare della statua di Montanelli, dopo che un gruppo di attivisti ne aveva chiesto la rimozione, scrivendo al sindaco di Milano Beppe Sala e al Consiglio comunale. Le ragioni della richiesta sono legate a un fatto di cui si parla ciclicamente in riferimento a Montanelli, che fu lui stesso che all’epoca dei fatti aveva 26-27 anni, a raccontare più volte, intervistato, dei suoi rapporti con la ragazzina, di cui a oggi non si conosce esattamente l’identità. All’epoca dei fatti raccontati, a metà degli anni Trenta, Montanelli aveva 26-27 anni.
A.B.
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