Qualcuno ricorda se l’anno scorso, durante le vacanze, indossava la mascherina all’aperto? Io sono dovuta andare a riprendere le foto scattate in montagna durante una passeggiata per rendermi conto che in effetti, perlomeno ad agosto, giravamo tranquillamente all’aria aperta senza indossarle.
Sull’importanza e l’efficacia dei dispositivi sanitari per la prevenzione della diffusione del virus nessuno nutre ormai il minimo dubbio, ma con le temperature che salgono proporzionalmente al numero dei vaccinati e la voglia di stare all’aria aperta che aumenta, sembra crescere nell’opinione pubblica anche il fastidio di indossare un elemento che a volte causa qualche affanno respiratorio, soprattutto quando svolgiamo attività che richiedono una buona ventilazione, come una passeggiata.
Così da qualche giorno, su giornali e siti web, è tutto un rincorrersi tra virologi e politici che azzardano previsioni di una possibile data dopo la quale l’obbligo possa decadere. Se a metà maggio il Sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri proponeva di porre come limite la vaccinazione con prima dose di almeno 30 milioni di italiani (ad oggi mancano ancora circa 9 milioni di cittadini per raggiungere questa cifra) resta la preoccupazione di alcuni virologi come Giovanni Maga, direttore del laboratorio di Virologia Molecolare presso l’Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Pavia che invita a mantenere un atteggiamento razionale e ad aspettare che i dati oggettivi confermino una bassa circolazione del virus e un numero di vaccinati che superi abbondantemente la soglia posta da Sileri del 50% della popolazione totale. Secondo il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi di Milano, è luglio il mese più probabile per dare il via ad un allentamento delle misure preventive e ha citato come esempio l’Inghilterra, dove l’obbligo di indossare la mascherina è già stato abolito da Boris Johnson in alcuni luoghi al chiuso, come le scuole secondarie, in previsione della data del 21 giugno in cui sarà possibile accedere, sprovvisti di protezione, anche nei negozi.
Ma anche nel Regno Unito le posizioni sono contrastanti: il consulente scientifico capo, Sir Patrick Vallance ha invitato alla cautela affermando che “È assai probabile che continueremo ad indossare le mascherine in certi luoghi […] assicurandoci così di rimanere ragionevoli sul modo in cui interagiamo con le persone in ambienti chiusi”. Secondo Mary Ramsay, capo dell’immunizzazione al Public Health England, la copertura del viso potrebbe essere obbligatoria nei luoghi affollati, anche all’aperto, ancora a lungo: “sicuramente per qualche anno, almeno fino a quando altre parti del mondo non saranno vaccinate bene come noi, e i numeri saranno scesi ovunque, è allora che potremo tornare molto gradualmente a una situazione più normale”.
In America le linee guida stilate dal C.D.C. (Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie) che impongono l’uso della mascherina all’aria aperta per tutta l’estate sono state messe sotto analisi, perché giudicate troppo caute, da una commissione del Senato e da David Leonhardt, giornalista del New York Times. Nelle obiezioni sollevate è stato sottolineato come l’eccesso di cautela porti con sé conseguenze negative, così come il negazionismo, e che sia necessario trovare, guidati dalla scienza, un punto di mediazione coerente. Negli Stati Uniti la polemica è primariamente legata alla controversa interpretazione da parte del C.D.C. di uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “The Journal of Infectious Diseases” dal quale emergerebbe il preoccupante dato che il rischio di poter contrarre il virus all’aria aperta si attesti sul 10%; numero talmente imponente che è stato ribattuto da tutti i media americani ed è diventato così nell’opinione pubblica americana, una verità indubitabile. A quanto pare invece la pubblicazione da cui tutto è partito, una revisione sistematica di studi pubblicati da altri ricercatori, non si proponeva di fare una stima precisa, quanto di riflettere in generale sui dati raccolti a livello globale. Quello che Leonhardt e la senatrice Susan Collins del Maine contestano è che a determinare l’attuale politica di restrizioni e obbligatorietà dell’uso della mascherina all’aperto negli USA sarebbe stata un’eccessiva sopravvalutazione di alcuni casi, tutti legati a lavoratori di cantieri edili in Singapore, in cui effettivamente l’incidenza del contagio ha raggiunto cifre vicine al 10% senza indagare ulteriormente l’ipotesi che la diffusione sia avvenuta principalmente al chiuso, in altri spazi condivisi dai lavoratori del cantiere.
In tutti gli altri studi la cifra del contagio si attesta su un assai più rassicurante 0,1%. Il che autorizzerebbe i cittadini americani, specialmente i giovani, a passare più tempo all’aria aperta, in attività ricreative come i centri estivi in campeggio, nei quali ad oggi l’uso della mascherina è “universale”.
Tornando in Italia, benché il sottosegretario alla Salute Andrea Costa proponga il mese di agosto, e il direttore dell’Inmi “Spallanzani” di Roma, Francesco Vaia, si dichiari ottimista per un allentamento delle misure dopo aver raggiunto il 50% dei vaccinati è lo stesso Mario Draghi durante una conferenza stampa ad invitare alla prudenza, “per evitare il ripetersi di fenomeni contagiosi in maniera esplosiva”.
Ma gli Italiani che ne pensano davvero?
Sorprendentemente emerge da un sondaggio promosso da Emg-Different/Adnkronos che 7 italiani su 10 non rinunceranno alla mascherina. È infatti il 65% degli intervistati che ad un’ipotetica estate senza dispositivi di protezione risponde che continuerà ad usarla per sicurezza, mentre è solo il 27% che ormai si sente sicuro – cifra che corrisponde alla media tra i cittadini vaccinati e quelli che hanno già ricevuto la prima dose.
Tra i fedeli della mascherina sono le donne ad essere le più prudenti (66% contro il 64% degli uomini) e i giovani under 35 (55%).
Elisa Rocca
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