Uno tra i tanti messaggi caricati sul sito di Faceboook Syrian.Revolution, che conta quasi 130.000 utenti, contiene la lista in arabo dei nomi e cognomi delle centinaia di persone uccise. È indicato – riferisce l’Unità – anche il luogo della loro morte: 31 nei sobborghi della capitale, 30 persone soltanto ad Azraa, nei pressi di Daraa nel sud della Siria, tra cui un bambino di 12 anni (della cui uccisione circola un video su Youtube); 27 nella regione centrale di Homs, terza città siriana a nord di Damasco; un giovane ucciso a Midan, nel cuore della capitale.
Su Twitter, l’attivista SyrianJasmine segnala la stessa lista ma in inglese al link: http://bit.ly/gTgpp2. Mentre altri attivisti diffondono il link(http://bit.ly/gGwQHm) a un foglio Excel – caricato su Google Docs – con la lista completa e in inglese di nomi, cognomi e luogo del «martirio» dei 381 siriani uccisi dal 18 marzo scorso. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha condannato la repressione delle proteste in Siria e ha rinnovato la richiesta per un’indagine «indipendente e trasparente» sulle uccisioni di manifestanti. A quanto raccontano testimoni, gli uomini del governo avrebbero sparato veri proiettili e gas lacrimogeni contro le decine di migliaia di persone che gridavano per la libertà e la democrazia in molte aree del Paese. Testimoni dicono di aver visto almeno cinque cadaveri all’ospedale Hamdan appena fuori dalla capitale Damasco. Tutti avevano ferite d’arma da fuoco. Nella provincia meridionale di Daraa altri testimoni hanno detto che almeno dieci persone sono state uccise durante una marcia di dimostranti davanti all’ufficio del sindaco. Tra i morti, un ragazzo di 11 anni. Tutti i testimoni hanno parlato a condizione di rimanere anonimi per timore di rappresaglie.L’apertura di Assad sullo leggi speciale abrogate dopo più di 48 anni non è bastate ad aprire una nuova stagione in Siria. L’opposizione è tornata in piazza e il regime ha reagito con una nuova ondata di repressione. La Casa Bianca dura: basta violenze sui manifestanti. Circa duecento persone hanno manifestato nel centro di Damasco prima di essere disperse dalle forze dell’ordine, secondo alcune fonti anche con il ricorso a gas lacrimogeni. Si tratta di uno dei raduni più nutriti nella capitale siriana dall’inizio della contestazione. I dimostranti hanno intonato il coro «libertà, libertà», «il popolo siriano è unico», «con il nostro cuore e il nostro sangue ci sacrifichiamo per i martiri», ha indicato Abdel Karim Rihaui, dirigente della Lega siriana di difesa dei diritti umani. «I dimostranti hanno sfilato davanti alla Mosschea Al-Hassan, nel quartiere di Midane, e sono stati dispersi dalle forze dell’ordine», ha aggiunto il militante. Il presidente Assad ha revocato ieri lo stato d’emergenza che era in vigore dal 1963 in Siria, ma gli oppositori, che giudicano questa misura insufficiente, hanno mantenuto gli appelli a manifestare in tutto il Paese. Le forze di sicurezza siriane hanno aperto il fuoco per disperdere i manifestanti nella città di Homs, provocando almeno due feriti. Lo ha indicato un militante dei diritti umani presente sul posto. Il militante, Nawar Al-Omar, ha affermato che le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco «per disperdere tre gruppi di dimostranti che si dirigevano da diversi quartieri verso la piazza centrale per radunarsi». «Almeno due persone sono rimaste ferite», ha aggiunto. Secondo lui, «decine di migliaia» di manifestanti hanno sfilato nelle strade di Homs dopo la preghiera del venerdì e si sono dirette verso la piazza centrale.
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