La grande corsa di Francesca verso un bis da sogno in terra di Francia si è arrestata proprio in dirittura d’arrivo. Peccato. Si poteva fare. Ma la Li Na non ha rubato nulla. Ha vinto la giocatrice che, nella giornata, si è mostrata la più forte. Successo meritato, quindi, il primo urrà cinese in una prova dello Slam ( uomini compresi).
Resta del rammarico, però, perché la Schiavone non è, in assoluto, inferiore alla sua avversaria e perché, anche se l’epoca delle baby-boom sembra giunta al tramonto ( la milanese ha 30 anni, la cinese 29 e la somma ne ha fatto la finale più “vecchia” in uno Slam nell’era Open da Wimbledon ’77 quando si affrontarono sul centre court Wade e Stove) con le giovanissime meno numerose e in difficoltà, 30 anni non sono, comunque, pochi e le possibilità di ripresentarsi a questi livelli tendono a ridursi di anno in anno. Ma la “leonessa” non e’ chiamata così per caso per cui, c’è da giurarci, ci riproverà. Con immutata convinzione e grinta. Qualità temperamentali che, nella finale, stavano riaffiorando prepotentemente nel secondo set quando, dopo aver subito a lungo il gioco solido ed essenziale della Li, mostratasi superiore ben oltre le dimensioni del punteggio di 6-4, 4-2, la milanese riagganciava la rivale sul 4-4 e, poi, sul 6-5, servizio Li, si portava sul 15-30 e, poi, sulla parità vedeva fuori una palla della Li che le avrebbe concesso un set point. La vedeva così Francesca, la vedevano così gli appassionati in tv, grazie all’impeccabile regia francese ( il pubblico no, anzi spazientito dalle proteste dell’italiana, la fischiava). Non la vedeva così il giudice arbitro, la svedese Louise Engzell. Dal set point a favore alla palla del tie break per la cinese. E al tie break si andava. Francesca continuava a giocare al massimo ma la Li si era, ormai, ripresa fiducia e inerzia della partita. Morale della favola: da quella palla contestata in poi, Francesca non riusciva a conquistare più un punto. Resta piuttosto netta la sensazione che, in un eventuale terzo e decisivo set, l’azzurra avrebbe prevalso, forse senza neanche eccessivi patemi. Ma con i se e con i ma non si fa la storia. La storia l’ha fatta, quindi, la Li che ha iscritto, per la prima volta, il nome della Cina negli albi d’oro del tennis che conta, rendendo felici milioni di connazionali, letteralmente incollati al piccolo schermo. E pronti a dare un impulso straordinario a questo sport in un paese che potrebbe, un domani, diventarne protagonista assoluto. A noi, invece, non resta che ringraziare per l’ennesima volta la nostra Francesca Schiavone per tutte le emozioni che ci ha dato e tenercela stretta. E vedere il tennis occupare le prime pagine dei giornali, anche non sportivi, per più giorni consecutivi, è un piccolo miracolo che solo una grande donna come la “leonessa” poteva portare a compimento. Ed ora, con rinnovata fiducia e consapevolezza, si procede alla volta dei verdi prati di Wimbledon. Chissà che Francesca non abbia ancora la voglia di regalare delle sorprese…
In campo maschile, il torneo si è regalato il miglior atto conclusivo possibile ( con buona pace di Djokovic, dominatore sin qui nella stagione, ma non in grado di raggiungere certi picchi di rendimento accessibili solo dai due diòscuri, e che, comunque, non avrebbe potuto garantire lo stesso contrasto di caratteristiche con lo spagnolo). La tradizionale sfida Nadal-Federer. Uno show durato 3h e 40minuti di grandissimo tennis. Ha vinto, come sempre nei precedenti in questo torneo, lo spagnolo. Eppure mai come stavolta si è avuta netta la sensazione che lo svizzero potesse farcela. Mai così rilassato, sereno, oltre ad aver ritrovato la miglior condizione. Neanche negli anni in cui tiranneggiava il circuito. Decisivo è stato, probabilmente, l’esito del primo set. Federer partiva come una furia e volava 3-0, poi 4-1 e 5-2. Qui, aveva un set point sul servizio di Nadal ma veniva fermato dal nastro. Poi, nel successivo game, il servizio s’inceppa e mettere la prima diventa un miraggio. Ma, senza la prima di servizio, diventa un miraggio anche l’idea di poter battere il maiorchino. Che, infatti, esce dalla trincea dove aveva trovato riparo nei primi games e incamera il primo set, 7-5, e si porta subito avanti di un break nel secondo, 2-0. Tanta fatica per il solito nulla, verrebbe da dire guardando l’espressione sconfortata dello svizzero. Che, però, di sconfortato ha solo l’espressione ma non l’animo. Risale lui, stavolta, e per ben due volte, da 2-4 e 4-5, servizio Nadal. Mostrando una resistenza inconsueta su questi campi. Il set, però, alla fine lo fa suo Nadal al tie break per 7 punti a 3. Migliore, decisamente migliore, lo spagnolo, nella gestione dei punti importanti, tradito dal servizio quando ne aveva vero bisogno, lo svizzero. Nadal, poi, s’invola 4-2 anche nel terzo. E la partita sembra, ormai, finita. Ma l’elvetico, semplicemente, si rifiuta di accettare, supino, il verdetto. Torna ad essere molto aggressivo e, a suon di colpi vincenti, rientra in partita e porta a casa il terzo set, per 7-5. Riesce ad arrivare anche sullo 0-40, servizio Nadal, in apertura di quarto. Mancate le ennesime occasioni, però, la benzina finisce e Nadal può involarsi, in sicurezza, verso il sesto trionfo parigino. Verso Borg. E riesce anche nell’impresa, ad un certo punto del torneo parsa un po’ disperata, di difendere il primato in classifica mondiale dagli attacchi del voracissimo Nole Djokovic. Federer, però, ha dimostrato che c’è anche lui.
Daniele Puppo
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