La fuga di notizie sulla P4 “proviene dall’interno del corpo della Guardia di Finanza”: è lì che bisogna cercare coloro che hanno “portato all’esterno” le informazioni riservate, violando i loro doveri d’ufficio. Il procuratore di Napoli Giandomenico Lepore accusa pesantemente le Fiamme Gialle, già destabilizzate dall’iscrizione nel registro degli indagati del capo di stato maggiore, generale Michele Adinolfi.
E soprattutto lascia intendere che la caccia alle ‘talpe’, che hanno passato le informazioni a Luigi Bisignani e al parlamentare Aldonso Papa, è tutt’altro che conclusa: “Bisignani non è un pentito, non ha collaborato pienamente. Ha detto quello che gli interessava dire e non ha chiarito tanti aspetti che sono ancora oscuri”.Aspetti di cui Lepore nel corso dell’intervista a ‘Otto e mezzo’ su La7 ovviamente non parla ma che, secondo quando è stato possibile ricostruire, sarebbero emersi nell’interrogatorio di Marco Milanese, il consigliere di Tremonti dimessosi dopo l’uscita della notizia di un suo confronto con il generale Adinolfi, “abbastanza vivace” come l’ha definito il procuratore di Napoli. Lui però, ha precisato Lepore, “non è sospettato della fuga di notizie”. In sostanza, è la voce che si raccoglie in ambienti giudiziari napoletani, i magistrati avrebbero in mano diversi elementi e riscontri relativi ai rapporti tra esponenti della Guardia di Finanza, imprenditori e politici. Senza contare che ora sono quattro le procure che indagano su filoni scaturiti dall’inchiesta sulla P4. Dopo Napoli, Roma e Perugia, anche Milano ha aperto un fascicolo con gli stessi protagonisti: gli atti sono arrivati dal capoluogo partenopeo qualche giorno fa e riguardano un paio di operazioni finanziarie sospette effettuate nel 2010 da Luigi Bisignani. Il fascicolo, al momento, è stato iscritto a ‘modello 45’, cioé senza titolo di reato né indagati, ed è stato affidato al pm Roberto Pellicano.”Abbiamo trasmesso gli atti a diverse procure” conferma Lepore, che poi attacca i politici. ”Penso proprio che si sentano intoccabili – dice – perché quando li tocchi c’é una reazione unanime, quasi che la politica dovesse essere una zona protetta da qualsiasi intervento esterno”. Ma “noi non abbiamo interesse ad indagare sulla politica. Non siamo dei persecutori della politica ma quando intercettiamo una serie di reati che riguardano la pubblica amministrazione immancabilmente esce fuori la raccomandazione, il politico”. E così da “accusatori passiamo ad accusati”. Il procuratore apre però ad una possibile rivisitazione delle norme sulle intercettazioni, premettendo però che non vanno limitate perche “sono l’unico mezzo di prova che abbiamo oggi a disposizione” e dicendosi “meravigliato” del fatto che “tutti si sono scandalizzati per la pubblicazione e non del contenuto delle intercettazioni”. Come modificare dunque la legge? “Va rivista attentamente e regolata meglio la norma sulla pubblicazione – risponde – E per farlo è necessario mettere attorno ad un tavolo anche chi con le intercettazioni lavora tutti i giorni”. Il governo si sta muovendo in questa direzione? “Spero che faccia una buona legge, ma per quello che ho visto finora non lo è” conclude il capo dei pm napoletani che a dicembre compirà 75 anni dunque lascerà la magistratura: proprio oggi la commissione per gli incarichi direttivi del Csm dovrebbe dare il via libera al concorso per scegliere il nuovo procuratore.Non ci sono al momento altri ufficiali della Guardia di Finanza iscritti sul registro degli indagati nell’inchiesta sulla cosiddetta P4. Lo ha sottolineato il procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore incalzato dalle domande dei giornalisti che oggi stazionavano numerosi davanti all’ingresso della procura, gran parte dei quali in attesa dell’esito dell’interrogatorio del presidente della Regione Stefano Caldoro, convocato dai magistrati che indagano sull’emergenza rifiuti. Lepore non ha aggiunto altro ma la sensazione è che l’attività dei pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio sia in questi giorni concentrata proprio sui rapporti, emersi dagli interrogatori e dalle intercettazioni telefoniche, tra esponenti di primo piano delle Fiamme Gialle e l’uomo d’affari Luigi Bisignani, intorno al quale ruota l’indagine sulla presunta associazione segreta.Finora dunque nella vicenda P4, tra i vertici della Finanza, risultano indagati soltanto il capo di Stato Maggiore gen. Raffaele Adinolfi, e il generale Vito Bardi, comandante interregionale per l’Italia Meridionale, chiamati in causa a vario titolo per aver fatto giungere, secondo l’accusa, a Bisignani l’informazione che era sottoposto ad indagini da parte degli inquirenti della procura partenopea. Come persona informata dei fatti è invece stato ascoltato in due circostanze l’ex ufficiale della Gdf Marco Milanese, deputato Pdl e collaboratore del ministro Giulio Tremonti: Milanese si è dimesso ieri dall’incarico dopo la pubblicazione della notizia che sarebbe stato lui a riferire ai magistrati il ruolo di Adinolfi nella presunta rivelazione del segreto. Una questione che è stata anche al centro di un confronto tra i due disposto nei giorni scorsi dai pm durante il quale Adinolfi ha respinto con fermezza gli addebiti. Ma quella delle informazioni riservate fornite a Bisignani sulle indagini in corso è la sola vicenda che concerne le Fiamme Gialle al centro dell’attenzione di Woodcock e Curcio? Secondo alcune indiscrezioni, che non trovano conferma, è possibile che gli interrogatori abbiano riguardato anche altri episodi, ma su questo aspetto dell’indagine sono risultati vani i tentativi dei cronisti in cerca di conferme su tale ipotesi.Nei prossimi giorni intanto il Tribunale del Riesame di Napoli fisserà la data dell’udienza per discutere sull’appello presentato dai pm i quali chiedono che nei confronti di Bisignani sia emessa una misura cautelare per il reato di associazione per delinquere dopo che il gip Luigi Giordano nella sua ordinanza non aveva riconosciuto la sussistenza di tale reato, limitandosi a firmare il provvedimento soltanto per tre episodi di favoreggiamento e rivelazione del segreto. Il fascicolo è stato assegnato alla ottava sezione del Riesame. Anche i legali di Bisignani, gli avvocati Fabio Lattanzi e Giampiero Pirolo, a quanto si è appreso, sabato scorso hanno depositato una istanza al Tribunale della Libertà chiedendo l’annullamento dell’ordinanza di custodia agli arresti domiciliari per mancanza di esigenze cautelari.
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