E’ gelo tra Silvio Berlusconi ed Umberto Bossi. Il ‘faccia a faccia’ tra il premier ed il Senatur, che aveva come unico punto quello di fare chiarezza è stato annullato per l’assenza annunciata al Consiglio dei ministri del leader leghista, operato di cataratta. Il forfait di Bossi ha colto tutti di sorpresa, per primo lo stesso capo del governo, che avrebbe appreso la notizia solo dalle agenzie.
Intanto, il Cavaliere, da Bruxelles, glissa su un eventuale chiarimento con Maroni ma ci tiene a precisare di aver avuto le rassicurazioni dal Carroccio che la coalizione di governo “non rischia”. E che quindi si può andare avanti. “Non credo sia un momento delicato per la coalizione. Ci sono state delle situazioni relative ad un partito della maggioranza ma ho avuto rassicurazioni precise che non c’é alcun rischio per il governo”, ha detto al termine del Consiglio europeo straordinario. Ha quindi precisato di non aver avuto modo di sentire Umberto Bossi né il ministro dell’Interno. Berlusconi, impegnato per tutto il giorno in un difficile vertice con i colleghi dell’Eurozona, ha comunque avuto poco tempo per occuparsi delle tensioni interne: le ricadute del voto di ieri innanzitutto, ma anche il rinvio del voto sulle missioni all’estero oggi a palazzo Madama. Un altro segnale, quest’ultimo, delle serie difficoltà in cui naviga la maggioranza, prigioniera di una palude che rischia di paralizzarla. Le rassicurazioni fornite dal titolare del Viminale ad un ministro prima e poi, personalmente al telefono a Berlusconi, non convincono però lo stato maggiore del Popolo della libertà e nemmeno il Cavaliere. Il voto su Papa, è stata la spiegazione del titolare del Viminale secondo fonti pidielline, era necessario unicamente per motivi interni alla Lega, non era contro il premier e dunque non avrà ripercussioni sul governo. Ma sono rassicurazioni che lasciano intatti i sospetti del capo del governo e dello stesso Pdl dove a prevalere è un vero e proprio clima di depressione generale. Ecco perché, nonostante l’assenza del Senatur, il Cavaliere potrebbe approfondire la questione con i due dioscuri leghisti: Maroni e Roberto Calderoli. Anche il ministro della Semplificazione, che ha incontrato lo stato maggiore del Pdl, ha fornito la stessa spiegazione dello strappo sostenendo che si è trattato solo di una resa dei conti dentro il Carroccio, niente di più. Ma neanche Calderoli, in veste di ‘ambasciatore’, ha sopito i sospetti. I leghisti “Enfatizzano divisioni per nascondere il progressivo smarcamento dalla maggioranza”, ragiona un ministro pidiellino. Nemmeno il nuovo tentativo di Maroni di gettare acqua sul fuoco è bastato a rasserenare gli animi:”La guida di Bossi è salda ed il voto di ieri non ha ripercussioni sull’esecutivo”, ha detto questa sera il ministro dell’Interno. Parole che non placano le ire dei pidiellini. Ormai “siamo alla guerra fredda”, riconosce un deputato di ‘rango’. Tant’é che tra il gruppo dei falchi ipotizza ‘ritorsioni’ proprio contro il Carroccio. C’é chi ad esempio propone l’abolizione delle province, da sempre difese dal partito di via Bellerio, e chi suggerisce di metterli alla prova ‘costringendoli’ ad un voto di fiducia entro l’estate, magari su un testo importante la riforma delle intercettazioni. Una strategia che per altri dirigenti di via dell’Umiltà rischia di essere un boomerang. Ecco perché l’ultima parola viene lasciata a Berlusconi. Il quale si tormenta nel dubbio: credere a Roberto Maroni? Confidare ancora nella leadership del Senatur? Perché anche su Bossi, ora, si addensano i dubbi. Nel Pdl viene visto come troppo debole per reagire. Sospetti che si trasformano in presagi funesti per il governo: Maroni è intenzionato a staccare la spina, è la convinzione di molti dirigenti e ministri pidiellini che vedono in autunno il possibile show down con la speranza di coinvolgere in un altro progetto Terzo polo, il Pd e anche un pezzo del Pdl. Solo così vi – dicono – sarebbero i numeri per un altro Esecutivo. L’unica buona notizia dall’Italia per Berlusconi, per una volta, sembra arrivare dal Quirinale. L’intervento di Giorgio Napolitano sulla giustizia, deve essere suonato come musica per le orecchie del Cavaliere. Ovviamente la lettura delle sue parole nel Pdl va ben al di là di quanto probabilmente il Colle vorrebbe. Ai piani alti di via dell’Umiltà, infatti, più di qualcuno vi legge un tentativo di frenare la marea montante di indiscrezioni giornalistiche su presunte nuove inchieste, che vedrebbero coinvolto anche Giulio Tremonti a causa dell’inchiesta sul suo ex braccio destro, Marco Milanese.
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