E’ stata, questa al Sachsenring, una gara magnifica, forse la più spettacolare, sicuramente la più incerta per tutte e tre le posizioni del podio. L’ha vinta Dani Pedrosa, lo sfortunato 25enne spagnolo, fresco di rientro al Mugello ( dove era arrivato piuttosto attardato, 8°), ma autentico specialista su questo tipo di tracciato, caratterizzato da molti curvoni veloci e, soprattutto, quasi tutti a sinistra ( il suo lato preferito).
Pedrosa che s’impone al Sachsenring, in condizioni normali, non sarebbe, dunque, neanche una notizia, avendoci già vinto per due volte in 250 ( nel 2004 e nel 2005) e per altre due in MotoGP ( nel 2007 e l’anno scorso), ma in questa vittoria, di “normale” c’è ben poco. Lo spagnolo, infatti, mai particolarmente baciato dalla buona sorte, avendo subito ben 18 infortuni in soli 11 anni di carriera, aveva cominciato nel peggiore dei modi questo 2011. A seguito dei postumi dell’ennesimo incidente ( patito sul circuito di Motegi nel 2010), si era dovuto fermare per un’operazione dopo Jerez. Seguiva la resurrezione in Portogallo ma, quando sembrava che il pilota fosse tornato pienamente in corsa per il titolo, ecco la terribile collisione con Simoncelli a Le Mans che, oltre ad innescare tutte le annose polemiche tra Marco e il “clan degli spagnoli”, è costata al buon Dani una doppia operazione alla clavicola destra e ben tre gare di stop! Praticamente, stagione finita, almeno quanto a velleità di titolo. Ma in questo periodo, brutti pensieri si sono annidati nella mente dell’iberico, costretto a lunghe sedute di fisioterapia e impossibilitato ad allenarsi come avrebbe voluto. << Questa volta è stato veramente difficile ricominciare perché ero consapevole di perdere l’occasione di lottare per il titolo: questo mi ha fatto stare male quanto il dolore fisico >>, le parole di Pedrosa. Che servono a far comprendere il suo calvario ma anche ad inquadrarne la statura di grande agonista. Non solo di pilota stilisticamente, forse, più apprezzabile ( e apprezzato) del “circus”. La gara, si diceva: semplicemente stupenda con i tre piloti andati a podio a dare spettacolo con sorpassi e rovesciamenti di posizione continui. Quello decisivo, dopo la consueta partenza bruciante di Stoner che poteva far pensare ad un assolo dell’australiano, lo ha realizzato Pedrosa ai danni di Lorenzo ( che, nel frattempo, si era portato in testa) al 22° giro. Non perderà più la testa della corsa. Mentre, per il piazzamento d’onore, Stoner e Lorenzo continueranno a darsi battaglia fino alla bandiera a scacchi. A spuntarla sarà, proprio all’ultima curva dell’ultimo giro, con un sorpasso da manuale, lo spagnolo della Yamaha, stoico a resistere ad un indurimento dell’avambraccio sinistro. Favorito anche dalla condotta di gara estremamente aggressiva ( e dispendiosa) di Casey, giunto sul traguardo con le gomme praticamente consunte. Peccato grave su un tracciato che espone a notevole usura i pneumatici. Volendo ricorrere ad una esemplificazione abbastanza grossolana, si potrebbe dire che si siano piazzati nell’ordine: il più raffinato ( Pedrosa), il più coriaceo ( Lorenzo) e il più funambolico ( Stoner). In ogni caso, Mondiale completamente riaperto, visto che Lorenzo ha rosicchiato altri 4 punti al rivale australiano ( e fanno ben 13 punti recuperati nelle ultime due gare), riducendo il distacco in classifica a soli 15 punti. Alle spalle del magnifico terzetto, c’è stata, anche in questo caso, grande battaglia con due italiani protagonisti: Dovizioso e Simoncelli. Oltre all’”americano d’Italia” Ben Spies. Ha prevalso Andrea che ha lasciato, però, l’impressione di non aver spinto al massimo. Con maggior aggressività, avrebbe potuto agganciare i tre davanti e giocarsi il podio. Su questo, Dovizioso deve lavorare ancora un po’. Mentre deve lavorare ( e parecchio) Simoncelli sul giusto equilibrio da mantenere in gara. E’ un peccato vedere un pilota che è in grado di metter in fila tutti in prova e qualifica e poi in gara o eccede e cade ( spesso non da solo, peraltro…) o si trattiene troppo e disputa gare anonime come questa. Dove, oltre a non esser riuscito a superare Dovizioso, ha dovuto subire la beffa supplementare del sorpasso di Spies, proprio sul traguardo. Chiudiamo con Valentino Rossi. Partito male, malissimo ( in ultima fila) al termine di prove e qualifiche disastrose. Non ci si poteva attendere granchè, quindi. Ha fornito, comunque, la solita prestazione all’insegna della grande combattività ma non è stato sufficiente ad evitare un 9° posto che rappresenta per Valentino il peggior risultato stagionale. Superati gli avversari partiti dalle posizioni più arretrate in griglia, si è dovuto accontentare di battagliare con il compagno di squadra, Nicky Hayden, e con la Suzuki di Bautista. Me ha dovuto cedere ad entrambi. Al momento, quindi, persino la Suzuki va più forte della Ducati. E questo comincia ad essere un problema di difficile soluzione. Tanto da mettere in discussione addirittura l’utilizzo della nuova GP 11.1 a Laguna Seca, prossima tappa del Mondiale. Molto probabilmente, la Ducati doterà entrambi i suoi piloti tanto di una GP 11 ( quella guidata da Hayden, qui), quanto di una GP 11.1(che ne rappresenterebbe l’evoluzione). Si deciderà sul momento. Ma da lavorare ce n’è ancora parecchio e non saranno certo modifiche marginali come il diverso bilanciamento dei pesi, spostati più indietro per conferire maggior aderenza sul retrotreno, per cambiare la situazione. << Ho voglia di correre, sennò resterei a casa. Lo scorso anno qui camminavo con le stampelle e con una spalla distrutta, ma giravo in 1’22”, tempi con cui quest’anno è stata vinta la gara. Non credo di essermi rinco… rispetto ad un anno fa. Se resto in Ducati anche nel 2012? Ho detto “credo di sì” come a voler dire che mi sembra logico restare qui. >>, questa la risposta di Valentino ai tanti che, a fine gara, chiedevano lumi sul suo futuro, paventando un suo addio alla casa italiana. Rossi, dunque, mostra, da campione qual è, l’orgoglio ferito di chi non vuol arrendersi ( anche se i maligni affermano che un divorzio sarebbe pura utopia, sia per attuale mancanza di alternative, sia per i costi elevati che ciò comporterebbe, trattandosi di mancati guadagni per 15 milioni di Euro, più la penale che si aggirerebbe su di una cifra di almeno altri 5 milioni, ndr). Ma perché possa bastare occorre che in Ducati si comincino a rimboccare le maniche per davvero.
Daniele Puppo
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