Preceduta da fieri propositi (“Vogliamo arrivare in finale”) alla vigilia della partenza per Lisbona, la Lazio torna dalla sfida dello “Josè Alvalade” con le mani vuote, un misero punticino in classifica e una qualificazione che, seppur molto più complicata di quanto si potesse pensare, resta un obiettivo raggiungibile ma solo perché una robusta scialuppa di salvataggio le viene gentilmente offerta dall’altra gara del raggruppamento, quella che Vaslui e Zurigo hanno impattato per 2-2 in Romania. Non un granchè come inizio. Soprattutto, se si considerano le ambizioni di partenza della squadra biancoceleste. Ma di strada ce ne è ancora molta e la relativa consistenza delle avversarie fa ancora sperare che possa essere anche lunga.
L’approccio iniziale non è neanche malaccio: subito un paio di occasioni in apertura, in particolare una con Klose mancata di un soffio, con la palla che si perde a lato per questione di centimetri. Poi, però, esce fuori bene lo Sporting che mostra una maggior condizione, molta più corsa ( delle doti tecniche dei raffinati piedi dei portoghesi e dei brasiliani in casacca bianco verde, si sapeva, del resto) e, soprattutto, più voglia di cercare questi tre punti. La pressione dei “Leoes” diventa progressivamente sempre maggiore e la capitolazione giunge, tutt’altro che inattesa, al 20’, grazie a una splendida correzione volante di tacco del giovane talentino Van Wolfswinkel (già in rete con lo Zurigo nella tornata precedente, appena vent’anni e già una presenza nella nazionale “oranje”, e se un giocatore che, anagraficamente, potrebbe essere ancora in quota alla propria rappresentativa under 21 si viene a trovare nel giro di quella maggiore che è, poi, una delle migliori al mondo, viene il sospetto che di questo ragazzo si sentirà parlare parecchio negli anni a venire), con Marchetti, sostanzialmente, incolpevole. Non altrettanto irreprensibile, invece, Diakitè, apparso poco concentrato in marcatura. Ma, se i biancocelesti, fin lì, qualcosa di buono lo avevano fatto vedere ( soprattutto, il solito, straripante Klose, ma anche un Lulic molto attivo sulla fascia sinistra, continuo nella spinta e, stavolta, anche efficace in copertura), dopo la rete dei padroni di casa, la Lazio accusava uno sbandamento generale. Era il miglior momento per lo Sporting che continuava a premere sull’acceleratore ma aveva il demerito di concludere poco e di non chiudere la vicenda. Erano sufficienti, così, cinque minuti ben giocati dagli uomini di Reja per reincanalare sui binari dell’equilibrio la partita. A dimostrazione, se ve ne fosse ancora il bisogno, che questa squadra, se vuole e mostra la convinzione giusta, può trovare la via della rete con estrema facilità, anche se scesa in campo senza Ledesma e Cisse ( risparmiati in panchina, in vista della delicata trasferta di campionato a Firenze) e con Biava e Mauri ancora indisponibili per infortunio ( oltre a Radu, al rientro dopo un lunghissimo stop al posto di un nervosissimo Dias e lasciato inizialmente fuori per motivi precauzionali). Così, al 39’, su una battuta da calcio piazzato di Hernanes ( ancora una prova evanescente, quella fornita dal brasiliano, ndr), Klose era rapidissimo ad avventarsi sul pallone, bruciando sul tempo la battuta a colpo altrettanto sicuro di un arrembante Andre Dias, e a mettere la sfera alle spalle di Rui Patricio. Un pareggio con il minimo sforzo e proprio quando gli avversari pregustavano il dolce sapore di un intervallo da trascorrere pensando a come gestire il risultato nella ripresa. Una mazzata psicologica, in definitiva. Ottimo viatico per una nuova partita, alla ricerca del colpaccio esterno. Tutto bene quel che finisce bene, quindi? Neanche per sogno. L’arbitro ( pessima la sua direzione di gara, va detto per onestà) concede un minuto di recupero. Ma, quando tempo addizionale è già spirato, da calcio d’angolo, su corta respinta della difesa laziale, si avventa sul pallone Insua che prova la gran botta da fuori, di controbalzo. Il classico tiro della domenica. Di quelli che restano velleitari. Ma non è domenica e, così, la sua conclusione, molto violenta, passa tra una selva di gambe e fulmina un Marchetti, partito certamente in ritardo, ma altrettanto certamente coperto dal corpaccione di Diakitè. 2-1 Sporting e tutti negli spogliatoi. La “botta psicologica” che poteva essere a favore della Lazio torna indietro come un boomerang. Tutto da rifare, dunque. E, intanto, sale il nervosismo in casa biancoceleste. Reja, giustamente imbufalito per aver incassato una rete ben 23” dopo che il recupero era scaduto, avvicina l’arbitro, il belga Gumienny, per far presente la cosa. Ma deve aver manifestato le sue (sacrosante) ragioni in modo un po’ troppo vivace. Cacciato. E resto della partita da vedere assiso in tribuna, tra i tifosi dello Sporting ( a proposito, simpatici alcuni siparietti fra il tecnico laziale e i supporters portoghesi, soprattutto quando, dopo l’ennesima palla-gol fallita dai suoi nella ripresa, si rivolge ad alcuni di loro facendo l’inequivoco gesto delle mani “a cerchio”, ad indicare la voluminosità del “posteriore” della loro squadra…). Ma il tecnico goriziano avrebbe fatto bene a prendersela anche con i suoi: concedere una conclusione, seppur dalla distanza, a tempo scaduto è un errore imperdonabile per una squadra che vuole nutrire delle ambizioni. La ripresa comincia, così, sotto i peggiori auspici. Ma, quando sembra che la serata si possa trasformare in un tracollo, ecco l’ennesimo colpo di scena: Insua, dopo aver rimediato un inutile giallo per la smodata esultanza dopo la rete del 2-1, viene “beccato” a sgomitare l’inesauribile Gonzalez. E’ il secondo giallo e gara finita anche per lui. La Lazio, a questo punto, riprende coraggio e vigore e ci prova. Stavolta con grande veemenza. E, per gli uomini guidati ora da Giovanni Lopez in panchina e da Cisse in campo ( entrato al posto di Klose, sacrificato sull’altare del turn over), le occasioni da rete arrivano copiose. Dopo una conclusione di punta a lato del francese, è Sculli ( a sua volta subentrato a un esausto Brocchi) a mandare alle selle una conclusione di controbalzo, da ottima posizione. Molto attivo, il calabrese, capace di creare costanti ambasce alla retroguardia dei “leoni”. Ma il bello ( o il brutto) deve ancora venire. Difatti, la Lazio ora preme che è un piacere e, dopo un’altra occasione sciupata da Sculli, è lo stesso esterno d’attacco biancoceleste a originare il pericolo maggiore: ma, sulla ribattuta, Konko calcia di collo pieno, laddove sarebbe stato sufficiente appoggiare con il più comodo dei “piattoni”, e centra una clamorosa traversa. Un gol divorato. Ma la Lazio ci crede ancora e, nei minuti finali, su un’imperiosa discesa sulla fascia di Cisse, coronata da un perfetto cross in mezzo, l’accorrente Rocchi ( fin lì abbastanza anonimo e ottimamente controllato dalle’ex milanista Onyewu)) si fa trovare pronto all’incornata. Ma angola troppo e la palla si perde a lato di un nonnulla. Altra occasione d’oro. E’, poi, Cisse a colpire al volo in piena area, ma la sua violenta conclusione viene “murata”. Nel recupero, Sculli riesce a penetrare nell’area piccola e si riuscirebbe a procurare anche un rigore ma la sua caduta è così accentuata da indurre l’arbitro a fischiagli punizione contro e ad ammonirlo. Va detto, però, che il calabrese era partito da posizione, probabilmente, irregolare. Finisce così, tra il tripudio dei tifosi locali che mostrano orgogliosi al cielo di Lisbona le proprie sciarpe biancoverdi. Dirà, a fine gara, Lopez: “Siamo stati sfortunati. Abbiamo fallito tante occasioni. L’espulsione di Reja è arrivata solo perché ha detto all’arbitro che il gol era stato segnato a tempo scaduto. E anche sul primo ci sarebbe da dire. Speriamo che questo momento passi in fretta.” Settembre, per fortuna, sta finendo. Ma da ottobre urge un deciso cambio di rotta.Daniele Puppo
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