Agosto non è ancora terminato e neanche la crisi politica. anzi. I toni riprendono ad essere irritati e irritanti per noi che stiamo a guardare e che subiremo ancora una volta i contraccolpi di accordi e disaccordi.
La giornata di ieri, che il premier incaricato Conte ha utilizzato per sentire le due forze politiche, i gialli M5S e i rossi Pd, si è conclusa con un nulla di fatto. Il leader grillino Di Maio ha alzato la posta e raddoppiato i punti, portandoli da 10 a 20, sui quali il partito democratico deve concordare se vuole guadagnarsi le poltrone.
“Il vero poltroni sta è lui e non ha ancora chiuso con Salvini” contrattacca Luigi Zanda, il tesoriere Dem.
Ma cosa c’è dietro quella che può sembrare la ricerca di una rottura col Pd? Perché il fatto che Di Maio abbia detto a chiare lettere che “se entreranno i punti M5S nell’accordo di governo, parte il governo. Altrimenti, meglio il voto”, non può che essere interpretato come un ultimatum a Zingaretti & Co. Che non accettano l’idea di non apportare modifiche, come nel programma pentastellato,ai due decreti sicurezza. Dietro a questa ‘improvvisata’ del leader M5S potrebbe esserci la rivendicazione del suo ruolo di vice anche nel nuovo esecutivo. Cosa che Zingaretti ha già disconosciuto essendo il premier Conte un rappresentante del MoVimento. Potrebbe esserci anche la paura di perdere buona parte dell’elettorato che a giorni si esprimerà sulla piattaforma Rousseau: già prima di questo compromesso con i Dem, i militanti avevano avvertito “Se andate col Pd, entro tre anni sparite del tutto” con minacce del tipo “con me avete chiuso (tale Francesco, ndr) e credo di parlare a nome di qualche milione di persone”. Critiche e insulti hanno riempito anche la pagina Facebook di Alessandro Di Battista.
Insomma, sull’altare della sopravvivenza da numero due a Palazzo Chigi, il leader grillino ha deciso di giocare pesante, a costo di mettere a rischio le prospettive dell’esecutivo in embrione di Giuseppe Conte che stamani riparte alle ore 12 con le consultazioni delle due forze politiche che al Presidente della Repubblica hanno assicurato interesse a portare avanti l’attuale Legislatura.
Il sondaggista Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera di oggi fa unquadro degli scostamenti più rilevanti nelle intenzioni di voto degli italiani, rispetto a luglio, dopo questa crisi agostana. La Lega scende di poco più di quattro punti ma rimane sopra i 30. Oggi infatti è accreditata del 31,8% dei consensi, a metà luglio veleggiava intorno al 36%. E’ un calo sensibile, ma non una débâcle, soprattutto se lo si paragona al drammatico crollo di fiducia in Salvini, passato in poche settimane da un indice del 51 al 36, con una perdita secca di 15 punti. Il Capitano non convince e lascia margini di dubbio rispetto alle modalità della crisi anche presso i suoi elettori. Il Movimento 5 Stelle segnala invece una crescita molto importante, passando dal 17,4% di metà luglio al 24,2% di oggi. Diversi elementi sembrano convergere a spiegare questo balzo. In primo luogo, quello che potremmo chiamare l’effetto Conte, passato indenne dalle fasi convulse della crisi, con una fiducia quasi immutata e una valutazione lusinghiera dell’operato in quelle contingenze. Oggi Conte è visto diffusamente come un esponente del M5S. In secondo luogo, il Movimento si è sganciato da Salvini e ha ripreso un proprio profilo autonomo e basato su alcuni valori che sembravano quanto meno appannati.
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