Un metro e 96 centimetri per 118 chili, per essere considerato il più grande rugbista di sempre. Ma una rara e grave malattia, classificata come sindrome nefrosica, lo ha fermato per sempre, a soli 40 anni. Jonah Lomu, nella squadra neozelandese a soli 15 anni, era la leggenda degli All Blacks. «Jonah era una leggenda del nostro gioco, amato dai suoi tanti fan sia qui che in tutto il mondo – ha detto l’a.d. della federazione Steve Tew – Non abbiamo parole, i nostri pensieri e sentimenti vanno alla sua famiglia».
Nel rugby c’è un prima e un dopo Jonah Lomu: il tre quarti ala è stato la prima vera superstar globale della palla ovale, che la sua enorme popolarità aiutò a far conoscere ben oltre gli appassionati tradizionali (che già non erano pochi). Pur avendo partecipato a due sole edizioni di Coppa del Mondo e da giovane (1995 e 1999), Lomu è il giocatore che ha realizzato il maggior numero di mete (15).
Lomu aveva smesso di giocare nel 1999, a soli 24 anni, per una malattia degenerativa dei reni che lo costrinse a subire un trapianto e stroncò la sua carriera al suo picco. Non riuscì mai a tornare ai livelli raggiunti prima di quel 1999. Non riuscendo a trovare una squadra nel suo paese (era nato a Auckland nel 1975 da genitori tongani), Lomu provò a ricominciare dall’Europa: sette mesi in Galles nei Cardiff Blues, interrotti da un infortunio alla caviglia. Jonah tornò in patria, ma dopo tre sole partite nel North Harbour (che militava in un campionato provinciale) il club rinunciò a lui. Nel 2007, dopo il suo ingresso nella Hall of Fame del rugby, l’annuncio del primo ritiro; poi, due anni dopo, un altro tentativo di rientro. a Marsiglia, nel Vitrolles, squadra di Terza divisione: ma in tutta la stagione Lomu giocò solo sette partite per poi dare l’addio definitivo. Nel 2011 le prime notizie sui problemi al rene trapiantato sette anni prima: la dialisi si rivelò insufficiente, rendendo necessario un nuovo trapianto. La morte è arrivata improvvisamente, nella notte fra martedì e mercoledì. Era reduce da un viaggio a Dubai con l’intera famiglia, la moglie Nadene e due bimbi: Brayley, di 6 anni, e Dhyreille, di 5. “Vorrei vederli crescere fino a quando compiranno 21 anni”, aveva confessato solo qualche giorno fa. La sua era la speranza di un uomo che aveva perso il proprio padre molto presto, ma che era ben consapevole che a lui sarebe toccata la stessa sorte.
A.B.
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