È morto Lino Toffolo. L’attore, musicista e cabarettista veneziano aveva 81 anni. A stroncarlo è stato un infarto nella sua casa di Murano. Pochi giorni fa era stato ricoverato in ospedale per i postumi di una caduta, ma la sua salute era precaria da tempo: negli ultimi mesi aveva subito due interventi al cuore.
Figlio di un maestro vetraio, Toffolo era nato a Murano nel 1932. I suoi primi passi nel mondo dello spettacolo li aveva mossi come musicista: scrisse per la Rai la sigla di El listòn, un programma radio regionale. Fu autore e interprete di canzoni, quasi tutte cantate in lingua veneta, raccolte in tre album e una dozzina di singoli. Nel 1976 riscosse un successo straordinario fra i bambini per la sigla di Johnny Bassotto, un cartone abbinato alla Lotteria Italia.
A teatro aveva esordito a Venezia, con la Compagnia dei Delfini, nel 1960, per poi trasferirsi al Derby di Milano. Interpretava una maschera che avrebbe continuato a sviluppare per tutta la carriera, quella dell’ubriacone veneziano, e cantava le sue canzoni.
È lunga anche la sua esperienza cinematografica. Ha recitato per registi come Salvatore Samperi, Mario Monicelli, Dino Risi e Pasquale Festa Campanile. Ha lavorato anche in televisione, come spalla di Alighiero Noschese in Canzonissima ’71 ma anche come presentatore, e nel 2006 si era tolto la soddisfazione di esordire alla regia con il film Nuvole di vetro, tutto recitato in veneto.
Nell’era di internet, ha continuato a pubblicare le sue acute osservazioni sulla società attraverso Facebook e il suo sito personale. Qui si definiva “una celebrità nata dalla gavetta estrema”.
“Lino, vegné zò da basso che te voio bèn”, scrive su Twitter Teo Teocoli, citando il titolo della sua canzone Oh Nina (vien giù da basso che te vojo ben).
Era un “autentico interprete del sentimento veneziano” secondo il sindaco della città lagunare, Luigi Brugnaro, mentre il governatore Luca Zaia ricorda “il sorriso di una comicità graffiante e al tempo stesso indulgente, un volto ironico e accattivante che ha saputo ‘bucare’ il piccolo schermo, l’intelligenza di corsivi sempre acuti, la maestrìa dell’avanspettacolo colto e mai banale”.
Il parlamentare Davide Zoggia lo ha definito “un gigante della cultura e dello spettacolo” e “testimone di una venezianità che non c’è più”.
Attraverso la sua dirompente comicità, spesso in lingua veneziana, ha messo a nudo vizi e virtù della Serenissima, sempre con garbo e senza scadere nella volgarità. Un artista poliedrico che ha spaziato in tutti i campi, contribuendovi con grande originalità e leggerezza.
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