Proseguono le trattative sull‘accordo Alitalia-Etihad, che hanno coinvolto ieri Governo, sindacati confederali e rappresentanti di alcune categorie. Delicata la situazione relativa agli esuberi di personale e al conseguente taglio di posti di lavoro chiesto dalla compagnia araba per investire in Italia: esattamente 2.251 lavoratori a rischio, 1.084 tra il personale di terra e 380 tra quello navigante. A questi, vanno aggiunti i 787 lavoratori, già in regime di cassa integrazione volontaria a zero ore.
E i vertici Alitalia non sono preoccupati soltanto dalla questione “lavoratori”: Etihad preme anche per ottenere, prima della sigla dell’accordo, una rinegoziazione del debito in cui versa la compagnia, chiedendo una riduzione a cinquecentottantasei milioni, da “quota” un miliardo. Pur essendo “molto avanti” il negoziato con le banche interessate (Mps, Intesa, Unicredit, Popolare di Sondrio), l’amministratore delegato Gabriele Del Torchio non può dire ancora di esser giunto ad una posizione comune con queste ultime. Si vuol tentare, infatti, la cancellazione di un terzo del debito e la conversione in azioni, con un’opzione a due e a tre anni del rimanente.
A queste richieste, si aggiungono altre relative ai necessari lavori infrastrutturali sugli scali italiani, in particolare per migliorare il collegamento ferroviario con gli aeroporti. La risposta del ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi è stata immediata, sia per quanto riguarda il provvedimento sull’aeroporto di Linate, in vista dell’Expo 2015, sia per il potenziamento dei collegamenti tra i tre scali internzionali italiani (Roma Fiumicino, Milano Malpensa, Venezia Marco Polo) e le linee ferroviarie “alta velocità“. Secondo Lupi, scommettendo sul made in Italy e sulla qualità italiana, “l’Italia puà alzare la testa ed essere un grande Paese come lo è sempre stato”. Anche per l’amministratore delegato Del Torchio l’investimento di Etihad, che porterà un miliardo e duecento milioni, di cui appunto quasi la metà per patrimonializzare Alitalia, “darà all’azienda una dimensione efficiente e competitiva“. Potrebbe essere l’unica opportunità, almeno per gli undicimila che non perderanno il posto di lavoro.
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