“Nel 2004 negli Stati Uniti erano circa sei milioni i bambini che ogni giorno assumevano psicofarmaci per risolvere i loro problemi di comportamento. Oggi sono circa 14 milioni”. A parlare è il giornalista scientifico e docente universitario Luca Poma. “Gli interessi sono tanti, si parla di circa 20 miliardi di dollari all’anno di vendita di psicofarmaci per minori tra Europa occidentale e Stati Uniti. È chiaro che nessuno nega che esistono bambini problematici dal punto di vista del comportamento, iperattivi oltre i limiti del normale vivere civile o pericolosi per se stessi e per gli altri, né si nega che ci siano adolescenti depressi. Ciò su cui bisogna interrogarsi è il tipo di risposta che noi adulti diamo a questo tipo di disagi, che siano bambini agitati o adolescenti depressi. La prima risposta che viene data è di tipo farmacologico e questo non va bene. Certamente nessuno vuole demonizzare lo psicofarmaco; se un bambino ha atteggiamenti pericolosi, lo psicofarmaco agisce come camicia di forza chimica per contenerlo finché con terapie adeguate non si individua il motivo vero alla base del disagio. Purtroppo a volte ci si ferma al farmaco: per eccesso di disinvoltura nelle prescrizioni o assenza di risorse”.
Infatti, spiega ancora Poma, molte volte le Asl non hanno risorse per terapie non farmacologiche, quando invece sarebbero più appropriate sedute di psicoterapia che, per averle gratuite, occorre aspettare l’anno dei mai. “È ovvio, quindi, che se ho un problema oggi e mi viene proposto lo psicofarmaco subito o la psicoterapia tra sei mesi , certamente sceglierò lo psicofarmaco subito”.
Ma cosa comporta la somministrazione di uno psicofarmaco ad un bambino o un adolescente, oltre ad essere, dice ancora Poma, “la somma dei fallimenti della società” che non è in grado di prendersi carico del suo problema e i suoi disagi in tempo utile, senza che la situazione degeneri al punto di dover intervenire chimicamente?.
I rischi dell’uso di psicofarmaci su bambini e adolescenti sono molteplici e di una certa entità non trascurabile. “Variano a seconda del tipo di molecola: i più frequenti, per quanto riguarda l’iperattività infantile, sono problemi di carattere cardiaco, blocco della crescita ed altri effetti collaterali che peraltro sono dichiarati dallo stesso produttore del farmaco. Per quanto riguarda la depressione si parla, paradossalmente, in non pochi casi, di stimolazione di idee suicidarie”, avverte Poma.
Quale potrebbe essere il rimedio? “Ci vorrebbero più risorse finanziarie a quella parte della psichiatria, della neuropsichiatria infantile e della psicologia che ha veramente a cuore il benessere dei bambini, che non si limita, quindi, a somministrare una pastiglia di psicofarmaco e che è disponibile a mettersi in gioco per comprendere i motivi veri e profondi del disagio di un bambino o di un adolescente”.
Abbiamo dunque davanti una nuova, importante sfida che ha bisogno di risposte immediate se non vogliamo far aumentare il numero dei giovanissimi coinvolti: la depressione adolescenziale. “Non esistono studi conclusivi che leghino la depressione adolescenziale alla tecnologia- conclude il portavoce di ‘Giù le mani dai bambini’ – certo è che la continua immersione nell’ambiente digitale e socialmente non favorevole alla costruzione di relazioni profonde e solide tra pari, è una concausa per il disagio psichico che gli adolescenti stanno vivendo”.
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