Eppure ha lavorato bene ed ha avuto il suo momento di ‘gloria’ quando nel 1995 la scienziata Amalia Bruni scoprì il gene più diffuso dell’Alzheimer. Stiamo parlando del centro regionale di neurogenetica di Lametia Terme, a rischio chiusura causa mancanza fondi. Un rischio che non è certo una minaccia, visto che molti dipendenti hanno già ricevuto la lettera di licenziamento.
“Presto avremmo potuto concepire farmaci per combattere in maniera più sostanziosa la malattia, ma i nostri studi negli ultimi anni hanno trovato ostacoli che non ci permettono di andare avanti”, è la denuncia della scienziata calabrese che nel 1995 alla quale si deve la scoperta della “presenilina” che causa un elevano accumulo di amiloide (proteina anomala originata da una serie di aminoacidi che causa il malfunzionamento dell’organo) nel cervello. Il centro regionale di neurogenetica di Lamezia Terme, che lei dirige, è a rischio chiusura perché mancano i fondi e molti dipendenti hanno già ricevuto le prime lettere di licenziamento.
Non ci sono più soldi neanche per pagare il personale e quattro biologhe sono già andate via, dopo che sono partite le prime lettere di licenziamento. Una grande perdita per tutta l’Italia se il centro, situato in un’ala dell’ospedale Giovanni Paolo II, a Lametia T., chiude i battenti.
Dal 1995, anno in cui la scienziata calabrese di Girifalco, classe 1955, ha scoperto il gene, sono state fatte nel centro lametino ricerche di rilevanza internazionale nell’ambito delle malattie neurodegenerative. Il centro, infatti, da lei diretto, è unico nel settore sanitario nazionale, consentendo non soltanto uno studio sistematico, ma anche una vera e propria assistenza ai malati di Alzheimer nonché di forme di demenza e di similari forme di patologia degenerativa. Ma negli ultimi mesi la situazione è diventata difficile e ora, oltre a mancare i soldi per pagare il personale, altre dieci figure professionali, tra cui infermieri, informatici, psicologi, e assistenti sociali, in servizio all’Associazione per la ricerca neurogenetica (Arn), hanno ricevuto le lettere di licenziamento e dal primo marzo prossimo resteranno a casa. Bruni ha anche inviato una lettera al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ma ancora non ha ricevuto risposta.
“Tutto ciò accade tra l’indifferenza della politica regionale, dei commissari prefettizi che guidano l’Azienda sanitaria di Lamezia Terme commissariata per mafia, e del generale Saverio Cotticelli, commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro della sanità in Calabria”, ha continuato Bruni che è Membro del comitato scientifico dell’Istituto superiore di sanità e presidente eletto della SinDem (società italiana di neurologia delle demenze) e che si è sempre preoccupata per la fuga dei cervelli e la scarsa rilevanza attribuita alla ricerca scientifica in Calabria (e più in generale in Italia. “C’è il rischio che il Centro di neurogenetica diventi un ambulatorio sanitario, perché la spoliazione in atto porterà a questo”.
Fino al 2018, ha riferito la scienziata, la somma destinata al centro veniva erogata nei tempi previsti dalla regione, ma poi “ad un certo punto i finanziamenti non sono più arrivati e non è stato sufficiente avvertire che quei soldi facevano parte di un Fondo istituito con legge regionale, mai abrogata”. Sempre nel 2018 la Regione ha inserito in bilancio un nuovo fondo di duecentomila euro. “Ma quei soldi – ha concluso – sono già finiti e per questo ogni giorno siamo costretti a mandare a casa centinai di pazienti e abbiamo bloccato anche le prenotazioni perché con un solo infermiere il Centro non può far fronte alla domanda di speranza”. Intanto, è nato anche un comitato che porterà avanti la battaglia del centro con iniziative in tutta la Calabria.
Solo pochi mesi fa la dottoressa Bruni, ancora lontana dai più gravi problemi di budget che avvicinano sempre più il momento della chiusura del Centro, nell’intervista al Corriere della Sera nel constatare che “un centro come il nostro vive grazie a una larga fascia di precariato non ancora strutturato”, annunciava che “sulla carta c’è un percorso che deve ancora essere completato, quello per essere finalmente considerati Irccs”.
Una speranza che ora si infrange con la durissima realtà della mancanza dell’ossigeno necessario per continuare a ricercare, sperimentare, prendersi in carico i pazienti e anche i loro familiari, anche con iniziative di natura sociale “come gli Alzheimer Caffè o il centro diurno che abbiamo creato anni fa, pur nel vuoto di una regione che continua a programmare sulla carta ma fatica a concretizzare. A Casa Alzal riusciamo a offrire un’accoglienza e un servizio di natura non solo sanitaria ma anche sociale”, raccontava la Bruni solo sette mesi fa. ” Vediamo pazienti che vengono da tante parti. Ma siamo interessatissimi al dna della popolazione calabrese, che è particolare e variegato. Un esempio recente: c’è un gene coinvolto nell’Alzheimer di tipo genetico, l’App (proteina precursore della beta amiloide), di cui abbiamo identificato una mutazione che nel mondo stiamo descrivendo solo noi, e che si è originata proprio in Calabria. Questi studi non hanno un sapore localistico ma diventano scienza, patrimonio di tutti”.
Appunto, la ricerca svolta su una malattia neurogenerativa che fa paura ed è in aumento, l’Alzheimer, come il Centro regionale di Lametia in cui è stata portata avanti, sono patrimonio di tutti. Vale la pena salvarli.
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