Blocco totale. L’associazione Nazionale Energia Solare Termodinaca, ANEST, si scioglie: 14 progetti avviati in Italia con 300 milioni di investimenti privati per non costruire centrali solari termiche a concentrazione. Le stesse che nel resto del mondo producono elettricità grazie ad una serie di specchi che concentrano energia solare.
Perché la tecnologia solare termodinamica, nota come CSP (Concentrating Solar Power) o solare a concentrazione, non ha avuto nel nostro paese il successo in cui molti avevano creduto, a cominciare da chi ci ha investito?
La tecnologia, sviluppata in Italia dall’Enea a partire dal 2000 con il progetto Archimede, guidato dal premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia, prevede in particolare l’utilizzo dei sali fusi come fluido termovettore nel ricevitore. I sali fusi (generalmente sodio e potassio) sono sostanze non inquinanti e non infiammabili, per cui non sono pericolosi né per l’uomo né per l’ambiente, e vengono addirittura utilizzati in agricoltura come fertilizzanti naturali.
In un pamphlet curato da ANEST, l’associazione di settore, dal significativo titolo “Il tramonto del sole”, si ripercorrono gli ostacoli di natura tecnologica, finanziaria, normativa e autorizzativa che la tecnologia ha dovuto affrontare in questi anni, con un elenco di ben 14 progetti non andati in porto e un focus su quelli presentati in Sardegna.
“L’Italia che invoca più energia dal sole e che vuole rinunciare ai combustibili fossili, l’Italia che gode della collocazione ideale fra le latitudini dei 46 gradi nord di Merano e i 36 gradi nord di Pozzallo, l’Italia che fa vanto di politiche rinnovabili e di capacità geniali di inventare e di innovare, l’Italia che nel settore termodinamico sviluppa brevetti che il mondo ci invidia, ecco quell’Italia non vuole l’energia solare termodinamica”. Lo scrive Gianluigi Angelantoni, presidente di Anest. Demoralizzato, spiega come si stia “perdendo l’occasione per far crescere le tecnologie pulite nel mondo e le aziende italiane. Sono stati distrutti soldi e competenze; gli italiani che hanno avuto modo di migrare sono andati a operare all’estero. Lle aziende che avevano tentato questa via per una risorsa energetica pulita, sicura e innovativa sono state costrette a ritirarsi dalla corsa dell’energia dal sole dopo avere investito milioni di euro in ricerca e sviluppo. Respinte da leggi impraticabili, da burocrati vecchi, da politici mediocri e da comitati nimby calunniosi e talvolta fin troppo aggressivi”.
Un’invenzione italiana, che risale all’epoca del geniale Archimede che durante l’assedio di Siracusa (allora città greca), nel 212 a.C., inventò gli specchi ustori per bruciare le navi romane del Console Marcello, in Italia non può avere spazio perché adesso tutta la popolazione è diventata ‘ambientalista’. Sempre che l’ambientalismo tra i tanti dinieghi contempli anche la rinuncia all’energia che non inquina, a costo zero. Quella solare.
Con le parabole di metallo lucido progettate da Archimede, dalle mura di Ortigia assediata i siracusani concentravano sulle navi romane i raggi cocenti del sole, incendiandole a una a una. Così funziona il solare termodinamico: usare gli specchi per concentrare in un punto solo il calore del sole, e sfruttarne l’energia.
Il solare termodinamico oggi fa ricorso soprattutto a due tecnologie. La prima è quella cosiddetta a torre. Tanti specchi inseguono il muoversi del sole e ne orientano i raggi concentrandoli sulla testa di un traliccio o di un pilone. Nella testa della torre scorre un fluido, in genere sali fusi, il cui calore viene usato per produrre vapore e far girare la turbina e la dinamo. L’altra tecnologia è quella parabolica, nata dapprima in Israele, riscaldando olio diatermico, e poi sviluppata in Italia, con l’adozione dei sali fusi, a seguito delle invenzioni sviluppate dall’Enea guidato allora dal professor Carlo Rubbia. La tecnologia parabolica lineare è adottata in diverse parti del mondo tranne che nell’Italia che non vuole l’energia solare. Lo specchio è orizzontale e lunghissimo come un serpente e concentra i raggi non in un punto lontano bensì lungo una linea adiacente allo specchio; più diventano lunghi lo specchio e il tubo che lo affianca e più sale la temperatura del fluido che scorre nel tubo, in genere sali fusi, che hanno il vantaggio di non essere infiammabili né inquinanti rispetto all’olio.
Il Sole 24 Ore ha pubblicato qualche giorno fa la notizia che l’associazione imprenditoriale di categoria, l’ANEST, in assemblea e ha deliberato lo scioglimento. “Il settore termodinamico in Italia è morto ancora in fasce, uccido da politici assetati di consenso, da comitati nimby del no-a-tutto, da funzionari pubblici corrivi, da norme contraddittorie e tardive, da piani energetici, climatici e ambientali pieni di verbi coniugati nel modo condizionale del periodo ipotetico dell’irrealtà“, scrive Jacopo Giliberto che si occupa precipuamente di energia e ambiente. Si metta in correlazione a ciò un altro dato: nella classifica dei Paesi amici dell’energia rinnovabile EY RECAI, che vede prima la Cina, seguita da USA, India, Francia, Australia e Germania, all’ “l’Italia tanto amica dell’energia pulita (a parole)” assegna la 17ma postazione.
Pensare che all’estero – negli USA, in Spagna dove ci sono almeno 40 centrali da 5MWe, in Nordafrica, Cina e Golfo Persico – le centrali termiche a concentrazione piacciono e si costruiscono. Tanto che qualche azienda nostrana che non ha ancora chiuso i battenti e riposto gli strumenti sta pensando di emigrare.
Per ora le prospettive di crescita sono nel mondo e non in Italia. Ma se la nostra politica dovesse dare finalmente spazio a tecnologie davvero utili e a costi contenuti, tenendo a bada le bufale che girano sulla tecnologia solare termodinamica, il tempo, il denaro, la fiducia, l’entusiasmo messi dalle aziende al servizio di questi progetti del futuro, forse, saranno recuperabili.
A.B.
Ottimo articolo con una precisazione, le centrali paraboliche spagnole sono quasi tutte da 50, 100, 150 MWe, con moduli da 50 MWe; la Spagna ha sviluppato questa tecnologia, a olio diatermico (390°) e non a sali fusi (550°) brevetto ENEA, dal 2006 sotto la guida di Rubbia, dopo che è stato cacciato da ENEA e dal CRS4, altro centro di ricerca allora impegnato nel CSP. Per dare un idea di cosa ha fatto la Spagna e di cosa prevede di fare, leggete questo articolo, con una nota finale, di cosa avrebbe potuto fare la Sardegna. https://www.dropbox.com/s/234gyjleu8qcxed/00%20MENA%20New%20Energy%202019%20rev..pdf?dl=0
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