La decapitazione sembra esser divenuta una macabra moda. Come quella di mostrare al mondo intero le proprie “prodezze”. Non solo i jihadisti sunniti ma anche quelli sciiti iracheni, cooptati nell’alleanza occidentale-russo-iraniana contro lo Stato Islamico, ora pubblicano un video-shock, apparso nelle ultime ore, in cui mostrano con orgoglio di aver decapitato loro rivali nelle battaglie di Amerli a nord di Baghdad.
Il filmato, pubblicato su siti di notizie arabi, mostra miliziani sciiti iracheni riuniti in un luogo non precisato nei pressi di Amerli, località abitata da turcomanni sciiti e riconquistata nei giorni scorsi dalle forze lealiste dopo esser stata a lungo in mano ai jihadisti dello Stato islamico. “Siamo le brigate della pace, battaglioni dell’Imam Ali“, afferma il leader del gruppo. Accanto a lui due miliziani mostrano due teste di uomini con una barba rasa. “E’ il messaggio al nemico!“, esclama, con voce stentorea, il capo. “Taglieremo le vostre teste e frantumeremo i vostri teschi!“, la sua chiosa.
Il video si conclude con i miliziani che intonano la tradizionale espressione sciita “Labbayka ya Hussein! (Veniamo a te oh Hussein)”, in riferimento all’omonimo “martire” per eccellenza dello sciismo, morto secondo la tradizione nella battaglia di Karbala nel VII secolo d.C. Il filmato si conclude con i miliziani che cantano un ritornello anti-sunnita, alcuni sputano sulle teste tagliate e altri le calpestano. “Siamo la brigata della pace“, continua a gridare il leader della milizia sciita.
Ma cosa sta accadendo? Nei giorni scorsi, i pressanti raid aerei Usa avevano liberato il campo ai militari iracheni che hanno approfittato della situazione per riprendersi Amerli (a lungo rimasta assediata dall’Isis). Tra questi sanguinari miliziani, in prima linea, si stanno “distinguendo” per efferatezza i fondamentalisti sciiti di Asaib al-Haq (la Lega dei Giusti i cui leader sono ricercati dal Dipartimento di Stato americano e considerati tra i più pericolosi terroristi del pianeta, a lungo malvisti dallo stesso governo iracheno prima di servirsene per frenare il fondamentalismo sciita), ora alleati della grande coalizione anti-Isis ma, in un passato neppure troppo lontano, protagonisti di atroci esecuzioni a danno di soldati statunitensi e britannici. Ora sfogano la propria ferocia per sè, ma anche per loro. Un paradosso. Ma anche il sintomo, evidente, che in questa “guerra di religione” siano saltati tutti gli schemi e distinguere tra “buoni” (e cominciamo a dubitare che ve ne siano) e “cattivi” sia divenuto mero esercizio di stile. Figurarsi intessere con alcuni di questi fanatici delle alleanze. Ieri nemici giurati, oggi amici per convenienza e domani chissà. Il grado di affidabilità di una strategia basata sulla guerra combattuta anche (se non prevalentemente) per interposto schieramento è troppo basso per non tenerne conto. Obama ci rifletta prima di ritrovarsi in una palude.
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