Armstrong-Pistorius: destini sportivi ‘scrociati’

Prima i il “no” alla partecipazione a competizioni come il triathlon e la maratona. E adesso il divieto di partecipare ai campionati «master» di nuoto, quelli riservati agli appassionati senza pretese agonistiche.
Per Lance Armstrong praticare sport, persino a livello amatoriale, è diventato impossibile. Dopo la squalifica per doping che gli ha procurato la revoca delle sette vittorie al Tour de France, l’ex ciclista americano ha dovuto rinunciare di fatto a ogni manifestazione sportiva.

L’occasione per dare sfogo alla sua vena agonistica e competitiva, che indubbiamente sono sempre state ben presenti,  doveva essere la partecipazione alla U.S. Masters Swimming organizzata da un ente non  soggetto alle regole stabilite dall’Usada, l’agenzia antidoping americana che ha messo la parola fine alla carriera del texano.
Lance Armstrong, in gara nella categoria dei 40-44enni, avrebbe dovuto mettersi alla prova sui 500, 1000 e 1650 yards.  Invece è stato stoppato, stavolta dalla  Federazione internazionale di nuoto, la Fina, che ha imposto il fermo a seguito della sentenza che ha  squalificato a vita per doping il texano.
L’ex idolo del ciclismo, forse anche per promuovere le attività della Fondazione Livestrong che si occupa di ricerche su cancro, dopo la squalifica aveva cercato di tornare sulla scena iscrivendosi a gare di altre discipline sportive chiarendo di non avere velleità di vittoria. Ma le conseguenze del suo “comig out” sull’uso fatto negli anni di sostanze proibite sono state, apparentemente, solo controproducenti.
Lo scandalo senza precedenti lo ha travolto a tal punto  che  gli organizzatori della Maratona di Chicago nell’ottobre 2012, hanno vietato all’ex corridore l’iscrizione. Stesso divieto, sempre lo scorso anno, dagli organizzatori francesi di una gara di triathlon, sport in cui Armstrong primeggiava da adolescente, prima di lanciarsi nel ciclismo.
Viene da chiedersi, nonostante le evidenti scorrettezze compiute negli anni delle corse,  frutto dell’umana fragilità, nell’esile equilibrio tra etica e competizione, se sia giusto non permettere alcun tipo di redenzione sportiva a un uomo della cui vita rimangono solo  macerie, per giunta, dopo l’ammissione delle proprie colpe.

Questo, nello stesso momento in cui  a un omicida, ormai un ex eroe,  con le protesi tecnologicamente più avanzate mai concepite dall’uomo, è permesso allenarsi per le piste di atletica di tutto il globo in vista, per ora, delle Olimpiadi. Oscar Pistorius, in attesa di processo per l’uccisione della fidanzata Reeva , è stato immortalato mentre  ‘sgambava’ su una pista di atletica indossando le protesi da corsa. Ma è già «giallo» sulla vicenda, perchè l’agenzia Ap,  dopo aver messo in rete l’immagine ha dovuto ritirarla, informando di non aver «il permesso» per l’uso. Lo scatto, realizzato da Lisa Smith, una studentessa di Pietermaritzburg in visita all’università di Pretoria, risale al 24 marzo scorso, quattro giorni prima che il giudice concedesse all’atleta paralimpico, in attesa del processo,  di riottenere il passaporto ed eventualmente partecipare a gare internazionali.

E.S.