A Roma ancora brucia la sconfitta di domenica scorsa dell’Atletico contro la Juve Stabia. La finale di ritorno dei play-off persa malauguratamente allo Stadio Flaminio contro la squadra campana per 2 reti a 0 (dopo aver ottenuto un ottimo 0-0 esterno nella gara d’andata), lascia dietro a sé un’inevitabile scia di malumori e recriminazioni. E ovviamente si sprecano ipotesi, teorie e rumors di ogni genere.
Cosa può aver determinato o condizionato questo risultato finale e, ancor più, l’andamento generale di tutta la stagione? E soprattutto: quale futuro attende la terza compagine capitolina? Prima di provare ad ipotizzare alcuni possibili scenari, cerchiamo di ricordare brevemente cosa è accaduto durante quest’inattesa e incredibile stagione. Il primo balzo indietro nel tempo ci riporta all’estate 2009: la Cisco Roma (che nacque dalle ceneri della vecchia Lodigiani) viene rilevata dai costruttori Mario e Davide Ciaccia, che affidano la guida tecnica al mister Giuseppe Incocciati. L’immediata promozione in Lega Pro Prima Divisione conferma da subito la validità del nuovo progetto e accresce rapidamente l’interesse di tifosi e addetti ai lavori intorno allo stesso. La nuova proprietà, con un’abile operazione di marketing e di fidelizzazione, attraverso le pagine del sito ufficiale coinvolge i propri tifosi in una sorta di sondaggio popolare che porta al cambio di denominazione della società in Atletico Roma, coerentemente con un’operazione di vero e proprio restyling generale: cambiano anche i colori sociali, che diventano il bianco e il blu. Nondimeno arrivano i grandi acquisti, e vengono inseriti nell’organico nomi di notevole prestigio come quelli dei centrocampisti Roberto Baronio e Daniele Franceschini o dell’attaccante Mauro Esposito. La nuova stagione parte benissimo: per le prime nove giornate l’Atletico si conferma sempre in testa alla classifica. E l’entusiasmo intorno a questa nuova realtà cresce sempre di più. L‘attuazione di un’importante strategia di mercato trova conferme anche nella sua parentesi invernale. Ma di lì a poco iniziano anche i primi problemi. In un solo mese, tra fine gennaio e fine febbraio, la squadra di Incocciati comincia a perdere colpi e inanella una serie di ben cinque sconfitte consecutive che determinano l’esonero del tecnico. La scelta del suo successore suona come un secondo campanello d’allarme: come mai una società che (in virtù dei forse addirittura insperati successi ottenuti) ha dimostrato di poter competere per la promozione in serie B, affida la guida tecnica ad un suo calciatore (il pur ottimo Chiappara)? Ai più questa scelta appare di basso profilo, quasi rinunciataria. E la gente -si sa- in casi come questo comincia a mormorare. Si rincorrono voci di presunte difficoltà economiche, si parla frequentemente di problematiche aziendali che interferirebbero con una politica di effettivo rilancio della società sportiva. Se da un lato, infatti, l’eventualità di una promozione nella serie cadetta è fortemente allettante sul piano economico (basti pensare anche al solo contributo previsto in questo caso dalla Federazione o ai diritti televisivi, e in ogni caso ad un giro d’affari che andrebbe a moltiplicarsi per dieci, forse venti volte rispetto a quello attuale), dall’altro impone chiaramente un’ulteriore sforzo finanziario alla proprietà e quindi investimenti certamente superiori a quelli già rilevanti sostenuti finora. Ed è probabilmente proprio su questo piano che si giocano e poi si definiranno le sorti dell’Atletico Roma. Un forte investimento richiede ovviamente prospettive di guadagno altrettanto significative. E in molti dubitano che il numero (pur non esiguo) di sostenitori possa garantire un ritorno sufficiente: la tifoseria capitolina è già divisa tra i suoi due grandi club e i tempi potrebbero non essere maturi per avere in città una terza realtà sportiva ad alti livelli. Fermo restando che sarebbe profondamente ingenuo non considerare anche eventuali interessi politici legati a tutta la questione in oggetto, i primi segnali utili a comprendere quali possano essere i destini del club sono legati nuovamente al mercato e passano per alcuni dei suoi giocatori più rappresentativi: Ciofani, Balzano, Padella, Franchini sono tutti nomi su cui o costruire il futuro o costruire le basi di un immediato rientro economico. Dato che, come si dice in gergo, questi sono atleti che possono essere “piazzati” anche molto bene. Ora non possiamo far altro che attendere di capire quali saranno le scelte della dirigenza. Ma al momento sembrano chiare due cose: la prima è che la possibilità di avviare un’operazione di successo (che preveda quindi anche un importante ritorno economico per gli investitori) pare oggi legata ad un eventuale “intervento esterno”, possa esso essere o l’ingresso di uno o più nuovi soci, o addirittura l’arrivo di un nuovo proprietario. La seconda ipotesi rimanda nuovamente ad un altro nodo cruciale, di cui si è parlato moltissimo ma a cui ancora noi non avevamo fatto di proposito riferimento: la questione dello stadio. Il vero tema. Ed ecco che la forte suggestione legata alla straordinaria rilevanza economica di un’operazione come la costruzione di un moderno impianto sportivo (che potrebbe assumere presto i caratteri di vera e propria città dello sport in cui poi convogliare un grandissimo numero di attività commerciali) assume un fascino davvero irresistibile proprio se immaginata nella sua sede più naturale: l’hinterland romano. Ora proviamo ad immaginare che questo progetto Atletico riguardi non Roma città ma Roma provincia. Proviamo ad immaginare che possa svilupparsi in direzione di Rieti, o di Civitavecchia. E’ lì che alla fine potremo immaginare anche uno stadio tutto esaurito.
Riccardo Ruggenini
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