Il Tribunale regionale federale della terza Regione, con sede a San Paolo, in Brasile, ha deciso all’unanimità di mantenere le misure cautelari alternative al carcere per Cesare Battisti, il terrorista fuggito dall’Italia dopo una condanna a due ergastoli per avere ucciso quattro persone. Lo scorso 7 ottobre, un giudice dello stesso tribunale aveva concesso la libertà all’ex terrorista – arrestato a Corumba, in Bolivia, per traffico illegale di valuta e riciclaggio – a condizione che non lasciasse la zona di residenza senza autorizzazione previa della giustizia e che si presentasse ogni mese davanti ai magistrati. L’italiano ora resta fuori dal carcere, ma con l’obbligo di presentarsi in tribunale a scadenze prefissate e di indossare il braccialetto elettronico.
Ancora un nulla di fatto, invece, riguardo all’estradizione di Battisti: la decisione ultima spetterà al presidente della Repubblica Michel Temer, che può rivedere il ‘no’ all’estradizione deciso nel 2010 dal suo predecessore, Luiz Inacio Lula da Silva. I legali della presidenza hanno già spiegato che “le circostanze che giustificavano la decisione di non estradarlo possono modificarsi con il passare del tempo”. Vi sarebbe quindi, da parte della presidenza brasiliana, l’intenzione di riconsegnare Battisti all’Italia.
Dunque, nessun pronunciamento della Corte suprema sulla richiesta di ‘habeas corpus’ presentata dai legali dell’ex terrorista per evitarne l’estradizione in Italia, ma una decisione da parte del giudice relatore, Fux, di ritirare l’argomento dall’ordine del giorno “per motivi processuali”, rinviando il tutto a data da definirsi. Un possibile slittamento era peraltro già nell’aria, dopo che la procura generale in giornata aveva chiesto più tempo. Fux ha anche trasformato la richiesta di esame dell’habeas corpus in ‘reclamacao’, in un ricorso cioè che potrebbe riaprire la vicenda processuale richiamando le parti in causa a comparire nel procedimento. E non ha fissato, per il momento, una nuova data per il pronunciamento della Corte sulla questione.
Questa mattina Cesare Battisti, intervistato al Gr1 Rai, riguardo al fermo alla frontiera con la Bolivia ha dichiarato che quella “è stata una trappola”. Qualcuno ha voluto portarlo lì: “Era tutto organizzato”. Il terrorista che, evaso dal carcere nel 1981, ha ha trovato riparo al di fuori dei confini italiani con lo status di rifugiato politico, divenendo uno scrittore di romanzi noir, non nasconde una grande paura riguardo alla possibilità che si decida di riconsegnarlo all’Italia. Sarebbe “unʼoperazione illegale”, sostiene lui, che lo esporrebbe a “torture o assassini”. Nel caso in cui fossi estradato in Italia “gli agenti penitenziari italiani hanno detto che mi uccideranno“, ha dichiarato alla stampa brasiliana Battisti alla vigilia della riunione del Supremo Tribunale brasiliano, ricordando “l’odio alimentato in tutti questi anni da una parte dei media e dalle forze politiche italiane”. “Ho paura della violenza fisica“, ha aggiunto il terrorista dei Pac condannato all’ergastolo per quattro omicidi, due commessi materialmente, due in concorso con altri.
Cesare Battisti si è sempre proclamato innocente sostenendo che all’epoca dei fatti non militava più tra i Pac, i Proletari Armati per il Comunismo. Nell’intervista al Gr1 Rai, ha affermato di avere “una relazione con Alberto Torregiani”, figlio del gioielliere Pierluigi Torregiani, per il cui omicidio lo stesso Battisti è stato condannato a 13 anni e cinque mesi. “Ci siamo scritti durante gli anni. L’ho aiutato a scrivere un libro. Io ho lettere di Alberto Torregiani in cui mi dice testualmente che non ha nessun dubbio sul fatto che io non ho niente a che vedere con la morte del padre”.
A.B.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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