All’inizio ha fatto sognare solo pochi temerari. Poi, con la crescita fuori controllo delle quotazioni, quella dei Bitcoin è diventata un’autentica febbre da cavallo. E a frotte sono arrivati milioni, decine di milioni, di sottoscrittori. Ad aggravare il tutto la pubblicità forsennata che accompagnava le performance della prima criptovaluta della storia. Per vendere ed utilizzare la moneta elettronica le società di intermediazione finanziaria non hanno esitato a far vedere su Internet e sui maggiori network del mondo, la faccina soddisfatta, di buona parte di coloro che con pochi dollari o una manciata di sterline investiti, nel giro di qualche mese (mese, si badi bene) erano diventati tutti milionari. Il grande business, per molti però si sta rivelando una drammatica bufala, soprattutto per coloro che sono entrati con l’onda lunga della speculazione e le quotazioni al massimo.
L’ubriacatura ha cominciato a perdere smalto un mese fa circa, quando, dopo l’ennesima insensata impennata delle quotazioni con un +43% in un giorno, Bitcoin toccava la mitica vetta dei 20.000 dollari. Quel giorno però, complici, oltre alle prese di beneficio dei marpioni del mercato, anche le decisioni della banche centrali di Usa Cina e Corea seguiti poi da altri stati, iniziava la lenta ma inesorabile resa dei conti. Nelle ultime ore ad aggravare il tutto c’è stato anche il crollo delle borse che a livello mondiale hanno livellato al ribasso listini e prezzi di azioni, obbligazioni e futures. E di questa inversione di tendenza a farne le spese c’è anche il Bitcoin precipitato ormai ad una quotazione di 6000 dollari (-13% in un giorno) quando solo una settimana fa “valeva”, virtualmente aggiungiamo noi, ancora 13.500 dollari. E’ l’inizio della fine di una scelta che la frenesia di guadagno dei mercati ha trasformato in una bolla speculativa senza precedenti? Difficile dirlo. Resta però quanto accaduto negli ultimi giorni. Ed ora la corsa a vendere, anche questa molto sostenuta, rischia di bruciare molti risparmiatori che hanno seguito le sirene di un mercato che è visto con grande diffidenza da esperti e banche centrali le quali ora hanno eretto sbarramenti anticarro per la moneta elettronica. Questa “delegittimazione” rispetto al mercato tradizionale, sta facendo il resto, con le conseguenze che ora sono sotto gli occhi di tutti. Ma è proprio Pechino a svolgere un ruolo chiave in tutta la vicenda. La Cina come si ricorderà aveva già messo al bando gli exchange locali di criptovalute e le offerte iniziali di valute, stringendo anche i freni sulle attività di mining. Ma, sia pur in maniera decisamente ridotta, l’attività dei cinesi su Bitcoin Amp & Co. non si era mai fermata. Ora la Banca centrale cinese ha lanciato il segnale di voler eliminare del tutto le attività di trading, impedendo ai locali di accedere anche alle piattaforme di scambio estere. Queste notizie, insieme alle continue indicazioni di ulteriori strette regolamentari su bitcoin in tutto il mondo, hanno contribuito a mantenere il comparto in un clima dominato dall’incertezza e dalle vendite interrotto solo un momento ieri sera quando il Bitcoin sembrava aver ritrovato un suo presunto ruolo di bene rifugio con un rimbalzo delle quotazioni. Poi però il trend è tornato al ribasso, con una scivolata fino a quota 6.000 dollari, con una flessione superiore al 15% sulle 24 ore.
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