Massimo Giuseppe Bossetti, fermato lunedì in relazione all’omicidio di Yara Gambirasio, è sotto torchio da parte dei carabinieri e dei magistrati, che intendono ricostruire nei minimi dettagli gli eventi, che portarono alla morte della ragazza.
La pm Letizia Ruggeri ha firmato un decreto di fermo di tre pagine, da cui si evince che “la morte di Yara è da ricondurre agli effetti concausali dell’ipotermia e delle lesioni da arma bianca e contusiva. Il cadavere presentava segni di lesività contusiva al capo e segni di almeno otto lesioni da taglio e una da punta e taglio in varie parti del corpo. Molto probabilmente il corpo di Yara Gambirasio era rimasto nel campo di Chignolo d’Isola dal momento della sua morte, avvenuta poche ore dopo la sua scomparsa, fino al momento del suo rinvenimento”.
La pm si è recata questa mattina nel carcere di Bergamo, dove si trova l’uomo, che si è avvalso ancora della facoltà di non rispondere: il silenzio prolungato dell’indagato renderebbe più debole l’impianto accusatorio e lascerebbe in questa maniera agli inquirenti l’onere della prova. Ma si tratta, in ultima analisi, di una linea difensiva disperata destinata a soccombere. Pertanto, il gip Ezia Maccora, prima dell’udienza per la convalida del fermo, ha chiesto ulteriori accertamenti, in particolare l’esame del dna per il padre legittimo di Bossetti. I test effettuati precedentemente dimostravano che Bossetti era figlio naturale di un altro uomo, Giuseppe Guerinoni, deceduto nel 1999, il quale nel 1973 aveva avuto una relazione con la madre del presunto assassino. Come prove schiaccanti contro l’indagato, per ora, le “polveri riconducibili a calce” ritrovate sul cadavere della ragazzina, in particolare nei bronchi, ma anche il cellulare, che ha agganciato la cella di Brembate proprio nelle ore in cui veniva rapita.
E’ da appurare se i familiari di Bossetti, avessero capito che l’uomo era coinvolto nella sparizione e nella morte di Yara; al momento, il questore Fortunato Finolli, smentisce che i congiunti siano astati accusati il favoreggiamento. Interrogata la madre, Ester Arzuffi, che nega categoricamente di aver avuto una relazione con Giuseppe Guarinoni quarantaquatro anni fa, che però ammette, qualora fosse stato il figlio, questi “avrebbe dovuto pagare”. Sentita anche la moglie, Marita Comi, che asserisce di non ricordare dove fosse il marito la sera del 26 novembre 2010, quando Yara sparì, mentre stava rientrando a casa dalla palestra di Brembate.
E bisogna ancora accertare se la vittima conoscesse Bossetti: da alcune indiscrezioni, si è venuto a sapere che Yara aveva confidato al fratellino di sentirsi spiata da qualcuno, pochi settimane prima di quella tragica sera. La famiglia Gambirasio, che al momento ha mantenuto il più stretto riserbo sulla vicenda, fa sapere, mediante il suo legale Enrico Pelillo, di non conoscere nè l’indagato nè la sua famiglia, come invece era stato detto in precedenza. Le forze dell’ordine lavorano anche per circoscrivere i movimenti di Bossetti a Brembate, nella zona della villetta in cui Yara viveva con la famiglia: risulta che l’uomo, infatti, frequentasse assiduamente sia un centro estetico che un bar del paese vicino alla casa dei gambirasio.
Il caso, dunque, non è ancora chiuso. Gli inquirenti infatti non escludono che il muratore possa aver avuto uno o più complici per l’omicidio e l’occultamento del cadavere della ragazza.
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