Il Brexit scatena il panico sui mercati finanziari. La decisione del Regno Unito di uscire dalla UE – al referendum ha vinto il Leave, con il 51,9% dei voti – ha sorpreso le Borse, galvanizzate nei giorni scorsi dalla rimonta del Remain, che fino a stanotte sembrava tornato in vantaggio.
La sterlina perde il 10% al cambio con il dollaro. In Europa è corsa ai beni rifugio: i Bund tedeschi sono scesi al minimo storico di rendimento e gli spread fluttuano impazziti. Intanto le Borse hanno bruciato in poche ore i guadagni dei giorni scorsi.
Milano ha accusato il colpo. L’indice Ftse MIB perde il 10,5%, il Ftse All Share il 10%, trascinati al ribasso dai bancari. Intesa e Banco popolare perdono oltre il 20%; anche BPM, Mediobanca e Unicredit cedono oltre il 15%. Fra i titoli principali del listino, moltissimi sono stati congelati in asta di volatilità. Fra i non bancari perdono il 12% Leonardo-Finmeccanica, Mediaset e Telecom. Anche Generali e FCA sono andati oltre il 10% di ribasso.
Milano non è l’unica borsa europea a perdere oltre il 10%. La maglia nera spetta ad Atene, che perde il 14%. In Grecia le banche affondano: Eurobank Ergasi e Alpha Bank perdono oltre il 30%.
Le altre borse europee stanno tentando di assestarsi dopo il crollo di stamattina. L’indice sintetico Euro Stoxx è arrivato a perdere il 9,1%, e tuttora cede il 7,7%.
Madrid ha superato la soglia psicologica del -10%; ora è a -9,8%. Hanno rischiato anche Parigi e Francoforte, che ora sono rispettivamente a -7,5% e -6,2%.
Londra, in una bufera di sospensioni, è arrivata a -8,7%; ora perde solo il 4,4%. Cedono anche i due indici sintetici di Mosca: il MICEX, denominato in rubli, perde il 3,5%, l’RTS – in dollari – il 2,9%.
Perdono terreno anche le Borse dell’estremo Oriente, aperte durante lo spoglio delle schede. L’indice Nikkei è al -7,92%, il maggior ribasso da aprile 2000 e l’ottavo nella storia. Per la Borsa di Tokyo, che ha introdotto il circuit breaker per limitare i danni, il Brexit è stato più grave della crisi finanziaria scatenata dal default di Lehman Brothers e dello tsunami del 2011, quello dell’incidente di Fukushima. Hong Kong perde più del 4%, Seul, Sydney, Mumbai e Shenzhen oltre il 3%, Singapore, Bangkok, Jakarta e Shanghai intorno al 2%.
Il crollo della sterlina trascina in basso i listini dei cambi. La moneta di Sua Maestà ha sfiorato il tasso 1,2 nel cambio con l’euro – ora è a 1,25 – e come si è detto ha perso il 10% nei confronti del dollaro USA. Segue a ruota il rublo, tornato sopra quota 66. Per stabilizzare il franco svizzero la Banca Centrale elvetica è dovuta intervenire “e rimarrà attiva” sul mercato valutario. Salgono invece le quotazioni del Bitcoin, la moneta virtuale, che si apprezza del 5%.
Si impennano tutti i beni rifugio a cominciare dall’oro, che non aveva invertito la tendenza al rialzo nemmeno quando il Remain sembrava aver ripreso terreno. Oggi il metallo giallo sale del 7,8% e raggiunge una quotazione che non toccava da otto anni. Cede il petrolio (WTI -6%, Brent -5,95%).
Il panico da Brexit ha scatenato anche la corsa all’acquisto di Bund tedeschi, con l’effetto collaterale dell’impennata di tutti gli spread. Il rendimento del decennale tedesco è crollato a -0,17%, per poi risalire a -0,14%. Il differenziale con il BTP è salito fino a 191 punti, per poi ripiegare a 165. Sale anche lo spread dei titoli spagnoli, che hanno sfiorato quota 200 per assestarsi a 173.
La BCE prova a gettare acqua sul fuoco. “Le banche dell’Eurozona sono resilienti in termini di capitale e liquidità”, assicura Francoforte. Nella sua nota, l’Eurotower sostiene di lavorare “a stretto contatto con le banche e i rispettivi organi di controllo” e segue “con molta attenzione” l’andamento dei mercati.
F.M.R.
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