L’uomo sopravviverà a se stesso? Difficile dirlo ma il rischio per la terra di raggiungere un punto di non ritorno, dal punto di vista degli equilibri ecologici, è quantomai probabile. Il 2050, secondo quanto emerso nell’ultimo Summit sullo stato di salute del pianeta svoltosi a Nairobi, potrebbe essere la data a partire dalla quale sarà molto difficile per l’uomo salvare il salvabile.
Dallo scioglimento dei mari alla conseguente crescita del livello dei mari, dalle ondate di siccità e di calore ad eventi atmosferici sempre più estremi, dalla crescente concentrazione dei gas serra fino all’aumento costante delle temperature medie, per finire ai rischi della salute umana. Le conseguenze del cambiamento climatico in atto sono diverse e sottolineate dai molteplici enti di ricerca ed organizzazioni internazionali, con una serie di allarmi ribaditi in più sedi istituzionali.
Il quadro complessivo che emerge dalle analisi e dalle considerazioni degli esperti riuniti nella capitale keniota non è tra i più tranquillizzanti.
Stando al report State on Climate in 2017, elaborato dalla American Meterological Society, il trennio 2014-2015-2016 è stato particolarmente nero (per tre volte di seguito si è registrato il record di temperatura globale annua più calda di sempre) e il 2017 ha fatto registrare un leggero calo, attestandosi al secondo o terzo posto (a seconda del set di dati utilizzato). Secondo gli esperti, il calo del 2017 è imputabile al fatto che non si è verificato El Niño, che di solito gioca un ruolo cruciale nell’aumento delle temperature. Nonostante questo, comunque, il 2017 è stato più caldo di 0,38-0,48° C rispetto alla media del periodo 1981-2010, attestandosi come l’anno senza El Niño più caldo di sempre.
Dal 1901, la superficie del pianeta si è riscaldata di 0,7-0,9° C per secolo, ma il tasso di riscaldamento è quasi raddoppiato dal 1975, arrivando a 1,5-1,8° C per secolo, sempre stando al report citato in precedenza. Da noi è andata peggio, a quanto pare: guardando l’andamento temporale delle temperature medie annue, si nota che l’Italia si è riscaldata di circa 2° C negli ultimi cento anni.
Quali sono i principali effetti legati al clima che cambia a livello globale.
– AUMENTO DELLA TEMPERATURA MEDIA: il 2018 è stato il quarto anno più caldo mai registrato (in Italia e in Europa il più caldo di sempre), con la temperatura media in gennaio più alta di 1,1 gradi rispetto al 1900. L’impegno dei grandi è limitare l’aumento a 1,5 gradi entro la fine del secolo ma, avverte l’Onu, servono “misure senza precedenti”.
– I GAS SERRA: indicati come i principali responsabili dell’aumento delle temperature, sono in costante aumento dal 1900. Dopo che per 800.000 anni (dati recuperati con carotaggi nel ghiaccio) erano rimasti sotto il livello pre-industriale, ora siamo abbondantemente sopra tale soglia.
– SCIOGLIMENTO DEI GHIACCI: l’aumento delle temperature ha ridotto lo spessore della calotta al Polo Nord dai 3,6 metri del 1975 agli 1,25 attuali e solo in pochissime parti i ghiacciai superano così i 5 anni di età. Non va meglio al Polo Sud, dove la calotta si è ridotta di 1.500 Km2 fra il 2010 ed il 2016. In Italia, secondo alcune stime, la superficie dei ghiacciai è calata del 30% nell’arco degli ultimi 50 anni.
– INNALZAMENTO DEI MARI: sebbene gli studi più recenti siano meno allarmisti di quelli precedenti, quelli pubblicati su Nature a inizio anno parlano di un aumento del livello del mare fra gli 8 e, nello scenario peggiore, 41 centimetri da qui al 2100 dovuto allo scioglimento dei ghiacci. Ma tenendo conto delle altre componenti (aumento della temperatura dell’acqua e maggiore afflusso dalla terraferma) la crescita del livello è stimata fra 60 e 90 centimetri.
– EVENTI ESTREMI: il bilancio stilato dall’Onu, anche se in calo, resta drammatico. Nel 2018 sono stati colpiti da terremoti, inondazioni, tsunami o incendi 61,7 milioni di persone, con 10.733 vittime. Nell’anno scorso Europa e America hanno registrato un tasso di incendi mai così grave, con la Grecia che ha subito l’incendio con il maggior numero di vittime mai avvenuto in Europa. Mentre gli Usa hanno registrato danni per quasi 75 miliardi di dollari fra incendi e uragani.
– I DANNI SULL’UOMO: ancora l’Onu stila un bilancio spaventoso. L’inquinamento atmosferico è la principale causa di malattie e provoca tra 6 e 7 milioni di morti premature con perdite economiche stimate in 5mila milioni di dollari all’anno. Anche gli inquinanti nell’acqua dolce sono un grandissimo rischio: le infezioni resistenti ad antimicrobici e antibiotici possono moltiplicarsi e diventare fra le principali cause di morte in tutto il mondo entro il 2050.
– L’IMPATTO SULLA FAUNA: dall’acidificazione degli oceani con la conseguente morte di coralli e barriere coralline alle migrazioni ‘costrette’ dal cambiamento delle condizioni dell’habitat naturale, l’impatto sul mondo animale è ormai una realtà. Mentre l’aumento della temperatura avvantaggia specie poco amichevoli, come zanzare, meduse o zecche, come spiega il Wwf. La siccita’ contrapposta ai fenomeni delle piogge torrenziali danneggia gravemente anche anche le aree coltivate e quelle selvatiche, con danni per la catena alimentare umana e animale.
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