Cambia volto la scuola italiana. Con l’approvazione, grazie alla fiducia, del ddl del governo sulla riforma strutturale dell’insegnamento nelle scuole docenti e studenti si preparano ad una nuova fase.
Con 159 sì e 112 contrari, tra lumini rossi, proteste e contestazioni fuori Palazzo Madama e manifesti funebri per la scuola in aula, il maxiemendamento sostitutivo del ddl sulla riforma del sistema nazionale di istruzione passerà alla Camera del Deputati per l’approvazione definitiva il 7 luglio. Nessun astenuto al voto, a conferma di quanto questa riforma, tanto caldeggiata dal Premier, abbia letteralmente diviso gli animi in favorevoli e contrari.
Il ministro dell’istruzione Stefania Giannini, soddisfatta per l’esito delle votazioni, twitta: “Il Senato ha detto sì a un provvedimento importante per governo e Paese. La buona scuola punto di partenza per costruire rilancio istruzione”.
In ogni caso il Primo ministro potrà dire di aver mantenuto la parola in parte: delle 100mila assunzioni promesse entro settembre solo 45mila otterranno subito la cattedra, gli altri 55mila saranno chiamati nel corso dell’anno. Per tutti gli altri aspiranti docenti il maxiemendamento prevede che debbano attendere il prossimo concorso del 2016.
Nelle intenzioni la riforma propone una scuola aperta alla ricerca, alla sperimentazione e all’innovazione. Per farlo le istituzioni scolastiche dovranno garantire la partecipazione degli organi collegiali alle decisioni e la loro organizzazione dovrà essere orientata alla “massima flessibilità, diversificazione, efficienza ed efficacia” (art. 1 Riforma del sistema nazionale d’istruzione).
Dunque tutto si regge sul potenziamento dell’autonomia scolastica che passerà attraverso la figura del preside, unica autorità dell’istituto, e degli organi collegiali, collegio dei docenti e consiglio d’istituto. Ma il nodo centrale della disputa è costituito proprio dai temi delle assunzioni e dei finanziamenti.
I nuovi poteri conferiti al preside in realtà si ridurrebbero essenzialmente a due: quello della chiamata diretta degli insegnanti e quello di decidere chi premiare per il lavoro svolto.
La “chiamata diretta” da parte del preside di fatto però non riguarderà tutti gli insegnanti ma solo quelli in esubero o precari, che entreranno a far parte di un “albo territoriale”, e per progetti europei o per l’alternanza scuola-lavoro. Gli insegnanti saranno valutati in base alle loro competenze ed esperienze e il loro incarico avrà durata triennale. Saranno rigorosamente esclusi parenti e congiunti del dirigente.
Anche per quanto riguarda i premi agli insegnati si tratta di un’autonomia molto limitata per il preside. Sarà infatti un comitato, formato da 2 genitori, 3 insegnanti e un membro esterno nominato dall’Ufficio scolastico regionale, che deciderà insieme al dirigente i criteri in base ai quali assegnare i premi.
Per i dirigenti scolastici comunque è prevista anche l’introduzione di criteri per la valutazione, ogni tre anni, in base ai quali ispettori esterni valuteranno il miglioramento del servizio scolastico e le competenze gestionali e organizzative del preside.
In merito al discorso dei finanziamenti ai singoli istituti sono state accolte le richieste e le proteste degli oppositori ed è stata abolita la precedente proposta del 5×1000 alla scuola. Mentre per le famiglie che scelgono per i propri figli le scuole paritarie sarà possibile detrarre fino a 400 euro l’anno a studente.
La riforma prevede inoltre il potenziamento di materie quali le lingue straniere, la musica, l’arte, l’educazione motoria e la cittadinanza attiva, tutto con l’ausilio delle nuove tecnologie, soprattutto dei telefonini. E poi piani educativi personalizzati e piani di integrazione per studenti stranieri. Infine per quanto riguarda il cosiddetto “insegnamento di genere” ha dichiarato il Ministro Giannini: “Le attività formative previste dal ddl contro le violenze di genere e le discriminazioni sono riferibili all’educazione contro ogni forma di violenza fisica o psichica”.
Vania Amitrano
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