Roma. La città di Cesare, di Augusto e di Costantino aveva un Ottavo Re e nessuno lo sapeva. O meglio lo sapevano i sodali, criminali comuni e politici tangentari, che con il Guercio, al secolo Massimo Carminati ex Nar convertito alla delinquenza comune con la Banda della Magliana condividevano un business frutto di minacce e ricatti che non risparmiavano nemmeno i salotti buoni dell’apparatnik partitico nero, rosso nero, liberal, rosso doc, e bianconeve ammantato dal verbo della solidarietà.
Quello dei rapporti Mafia amministrazione capitolina, descritto dal procuratore generale di Roma Pignatone, che ha accompagnato le sue lucide analisi con l’emissione di trentasette mandati di cattura affiancati da cento indagati tra cui l’ex sindaco Gianni Alemanno, l’ex vicecapo di gabinetto di Veltroni e il capo della polizia provinciale che fa capo all’attuale presidente della regione Lazio Zingaretti e all’assessore alle poltiche sociali dell’attuale giunta Marino, Luca Odevaine, è uno spaccato capolavoro di quello che purtroppo è oggi il nostro Paese.
Ma c’è di più e di peggio nella questione dei rapporti delinquenza amministratori locali. Non si tratta di semplici ed indecorose scene di ordinario sfascio morale. Le interconnesioni mafia politica della Capitale, a giudicare almeno dalle intercettazioni dei carabinieri, vanno ben oltre ogni più raggelante considerazione sul malaffare e sul degrado di una città che meriterebbe ben altro. Sembra di capire che i confini e gli steccati politici, di fronte alla dea tangente di fatto non esistano più.
Chi vince prende un testimone che rappresenta la continuità: della vita politica e del malaffare in materia di fondi e appalti pubblici. Chi esce non esce definitivamente ma resta sempre in piedi grazie a quella categoria criminal sociologica creata da un personaggio della levatura di Massimo Carminati, l’ex Nar che con felice pennellata neologistica definisce i continuisti della melma “quelli di mezzo”, cioè le quelli che sopravvivono sempre e comunque ai vivi, ovvero a chi vince, e ai morti, ovvero quelli che perdono elezioni e poltrone. Tutto nel segno della continuità. Criminale appunto. Roba da veri Re.
La cosa più eclatante però è un altra. Le intercettazioni gettano uno squarcio di luce su un’altro fenomeno. Quello dell’assistenza a poveri, immigrati e zingari, il cosiddetto mondo della solidarietà dove purtroppo da sempre dominano sovrane ipocrisia e carità pelose. Le conversazioni confermano un realtà crudele in danno degli stessi destinatari di quella “assistenza” pagate profumatamente dalle casse dello Stato alimentate dai contribuenti attraverso tasse e prelievi ormai fuori controllo.
Ma cosa scopriamo dalle conversazioni di questi galantuomini? Che “il business immigrati-zingari rende più della droga…”. Parola del braccio destro di Carminati, Slavatore Buffi. La destra atttraverso “il controllo della strada”. La sinistra attraverso la concessione di appalti e prebende che hanno messo nei guai l’attuale assessore alle politiche sociali del sindaco Marino, Luca Ovedaine. Immancabili nelle intercettazioini anche le tariffe dei disonesti. Dai diecimila euro mensili “in contanti” per gli assessor, a tre, quattro, o cinquemila mila euro per intermediari, complici esterni e amministrativi di prima e seconda fila.
Di fronte a questa tragedia e nel momento in cui tutti dovrebbero assumersi la responsabilità delle scelta fatte non mancano le note stonate e imbarazzanti del sindaco Ignazio Marino che facendo finta di non capire l’ampiezza e la gravità soprattuttto politica prima ancora amministrativa, di quanto accaduto, in replica al compagno di partito Morassut che chiede di azzerare tutto ed avviare “una seria riflessione politica nel Pd”, fa sapere di aver “contribuito” al blitz giudiziario. Certo offrendo agli investigatori un assessore. Ma nella fuffa mediatica, in momenti di urla e confusione generale, può anche starci. Il “facite ammuina” di napoletana memoria tiene sempre banco. Aiuta soprattutto gli inconsistenti
Però al sindaco chiediamo di non fare il furbo come il suo solito. Quell’assessore alle politiche sociali lo ha nominato lui o il partito che lo sostiene? E poi Marino può dire sereno che non sapeva assolutamente nulla del fatto che lo stesso Odevaine nel suo passato aveva anche una condanna per droga a due anni di galera? Condanna che lo aveva costretto a cambiare nome per non compromettere una “gloriosa” carriera politica che però sindaco e Pd hanno voluto rilanciare alla grande? E’ su queste cose che il modesto Marino dovrebbe riflettere. Al resto penseranno i giudici.
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