Quando si scelgono vie di mezzo che non cambiano nulla, il rischio di fallimenti è altissimo. Il M5S con il voto per l’ elezione del presidente della Commissione europea ha dimostrato di non avere alcun progetto di trasformazione o strategia valida che possa cambiare le sorti del nostro Paese.
Con quel voto a favore di Ursula Von der Leyen ovvero della candidata della vecchia Europa del rigore e dell’ asse franco- tedesco, i Pentastellati hanno dimostrato ancora una volta di voler navigare a vista. Navigazione faticosa di miopi che brancolano nel buio della mediocrità, decisi a fare le cose a metà. Con improvvisazione poco lungimirante e pericolosa.
La delusione di tanti italiani ha un nome e cognome: Luigi Di Maio l’uomo che con Salvini doveva garantire il rinnovamento. Ma sul banco degli imputati c’è tutto il movimento grillino, insieme agli eletti del M5S, ovvero a coloro che ora sono nella stanza dei bottoni ma che sugli scudi sono finiti sull’onda della protesta, del cambiamento e di quell’andare controcorrente che chiedeva, con forza, una svolta radicale che non c’è stata. Quel voto a Bruxelles ha sancito che i grillini hanno fallito per carenza di progettualità e mancanza di coraggio politico, affannati e in difficoltà nel tentativo di sopravvivere a se stessi.
Eppure per restituire la dignità a un popolo, opportunista ma capace, come quello italiano sarebbe stato sufficiente guardare alla nostra situazione economica, sociale e morale per rendersi conto che, per riscattarci, servivano proprio quelle qualità che Di Maio e compagni hanno dimostrato di non avere.
La crisi italiana ha radici profonde. E nulla rende meglio l’idea di questo vulnus, più del comportamento di moltissimi giovani ingabbiati in un mondo di vecchi. I nostri ragazzi senza lavoro e soprattutto senza prospettive di averlo, sono costretti ad espatriare per cercare fortuna. Un fenomeno dai numeri preoccupanti che non si vedeva dagli anni del dopo guerra.
Il mondo dell’impresa, escluse alcune aree di eccellenza, annaspa. Il colpo di reni, con Stato e istituzioni assenti, non arriva, e tutti si mettono sulla riva ad aspettare. Cosa, non è dato di saperlo. Si tira a campare. Le grandi imprese, per superare i momenti congiunturali più duri utilizzano gli ammortizzatori sociali come equilibratori di conti che possano evitare la bancarotta.
Il numero di ore di Cassa Integrazione straordinaria autorizzata a giugno è stato pari a 18, 8 milioni, di cui 5,2 per solidarietà, registrando un incremento del 99.8 % rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, che registrava 9,4 milioni di ore utilizzate. Un disastro che Luigi Di Maio, responsabile del ministero delle attività produttive guarda con distacco ed impotenza, auto-attribuendosi di fatto la patente di incapace nel momento in cui, con disperazione quasi, il Paese cerca la strada del rilancio economico.
Con le toppe però non si va lontano. Pensare che le cose possano aggiustarsi come per incanto, facendo ricorso a quel bagaglio di correttezza e onestà che pure il M5S può vantare, è una ingenuità imperdonabile. Per cambiare le cose serve ben altro. Da qui quella sensazione di precarietà legata ai provvedimenti spinti dal Movimento 5 Stelle e adottati dal Governo: sembra di trovarsi di fronte a misure fatte per continuare a sopravvivere e non per costruire basi solide per un cambio di rotta necessario e non più rinviabile.
I tempi sono scaduti e la tolleranza di chi ha creduto nel movimento sembra essere definitivamente tramontata. La gente comune ora pretende di più. Proprio nel momento di maggiore incertezza e difficoltà per Di Maio e compagni.
Imprenditori e lavoratori sono in affanno. L’apparato statale continua a non funzionare, la classe media è sempre più povera. La morsa del fisco non da’ tregua. Le banche non erogano prestiti e affidamenti alle imprese e i giovani non lavorano. L’acquisto di beni e servizi ha toccato il minimo storico, il risparmio si è ridotto di un terzo e il debito pubblico non diminuisce, anzi, aumenta.
E’ questo il quadro di una Italia esangue che respira a fatica mentre governo e maggioranza si confrontano su leggi e manovre senza determinazione e senza coraggio. Buona parte dei provvedimenti è modesto, senza palle. Si dà reddito di cittadinanza e pensioni, senza esagerare, con misure striminzite. Si parla di salario minimo, ma minimo sul serio. Si pensa alla flat tax, ma non per tutti. Si mettono le mani sul problema dell’immigrazione, ma prevalentemente per regolamentarla. Si promette un’economia senza austerity, ma poi si vota per i banchieri che ci hanno ridotto sul lastrico. Misure economiche e scelte fatte senza convinzione, partorite per galleggiare senza affogare per dimostrare all’Europa, già proprio a coloro che ce li controllano senza pietà, che i nostri conti sono sotto controllo.
Non hanno capito, quelli del Movimento che l’austerity ha rovinato l’Italia e che non è servita a nulla se non a produrre povertà. Al punto che la depressione economica e la sfiducia nel nostro paese sono diventate una malattia cronica, curabile solo con manovre aggressive e strappi, senza inchini e riverenza per nessuno.
Già Tocqueville evidenziò bene il pericolo, per la sopravvivenza di uno stato democratico, quando disse che l’indifferenza dei cittadini verso la cosa pubblica favorisce i poteri forti, la tirannide: “Il dispotismo vede nell’isolamento degli uomini la garanzia più certa della propria durata, e in generale mette ogni cura nel tenerli separati…Definisce turbolenti ed inquieti coloro che pretendono di unire i loro sforzi per creare la prosperità comune e…chiama buoni cittadini coloro che si chiudono strettamente in se stessi”. Quelli che subiscono senza reagire.
Insomma la democrazia italiana sta perdendo colpi proprio per le criticità evidenziate dai suoi pilastri fondamentali: il valore del lavoro (art.1 Cost.), il valore della solidarietà sociale (art. 2 ), il valore dell’eguaglianza (art. 3 ).
Gli Italiani sono stanchi di questa situazione. I numeri parlano chiaro, il M5S , un anno dopo il “miracolo”, a maggio, alle elezioni europee , ha perso 6 milioni di voti . Ed in futuro potrebbe perderne ancora. Senza parlare dell’astensionismo: una pillola amara per la democrazia come per tutto il sistema politico che potrebbe diventare indigeribile in assenza di una svolta vera, autentica , in grado di rimuovere limiti e ingiustizie presenti ormai a tutti i livelli.
Ripartire dalle università, dai lavoratori, dalle piccole e medie imprese, rifondare i luoghi di partecipazione politica, valorizzare l’intraprendenza dei giovani e la saggezza dei meno giovani; dare fiducia alla società civile, affermare a voce alta i valori costituzionali fuori e dentro il Parlamento. C’è bisogno di iniziative e di spinte politiche per ripartire a testa alta .
E’ chiedere troppo ? M5S e compagni di strada sono avvertiti. Se questa parte della classe politica non avrà il coraggio di fare nuove scelte, allora se ne vada a casa. I nostri concittadini di proclami inutili e di iniziative propagandistiche, francamente, non sanno più che farsene .
Enzo Cirillo Barbara Ruggiero
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