Lievita ancora la polemica sul licenziamento del capo dell’FBI, James Comey, da parte del presidente USA Donald Trump.
Il direttore ad interim della polizia federale, Andrew McCabe, già vice di Comey, ha contraddetto quanto detto dal presidente. “Non abbiamo mai perso fiducia in James Comey”, ha detto in un’udienza davanti alla commissione Intelligence del Senato: il suo predecessore “continuava ad avere un ampio sostegno”. Tutto il contrario di quanto sosteneva Trump in un tweet pubblicato poche ore dopo il licenziamento: “Comey aveva perso la fiducia di quasi tutti a Washington, sia repubblicani sia democratici”.
Comey lost the confidence of almost everyone in Washington, Republican and Democrat alike. When things calm down, they will be thanking me! — Donald J. Trump (@realDonaldTrump) May 10, 2017
Comey lost the confidence of almost everyone in Washington, Republican and Democrat alike. When things calm down, they will be thanking me!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) May 10, 2017
Protesta anche il vice Procuratore generale, G. Rod Rosenstein. Trump lo ha dipinto come l’architetto del licenziamento di Comey. Ma Rosenstein non ci sta, e racconta al Washington Post di essere stato convocato alla Casa Bianca, insieme al Procuratore generale Jeff Sessions, proprio per studiare il modo migliore in cui liberarsi dell’uomo chiave del Russiagate, l’inchiesta sui rapporti tra la Russia e l’amministrazione Trump.
Intanto il Senato ha deciso di invitare Rosenstein a parlare davanti all’assemblea in seduta plenaria per spiegare la sua posizione. La proposta ha ricevuto un appoggio bipartisan: è stata sottoscritta sia dal capogruppo repubblicano Mitch McConnell, sia dal capo dell’opposizione, il democratico Chuck Schumer. Ieri i senatori avevano emesso un mandato di comparizione per obbligare Mike Flynn, l’ex consigliere per la Sicurezza nazionale che si è dovuto dimettere per contatti illeciti con l’ambasciatore russo Sergej Kisljak, a dire quel che sa.
Nel frattempo i ministri della Giustizia di 20 Stati degli USA su 50 hanno scritto una lettera aperta a Rosenstein per chiedergli di nominare un procuratore speciale che si occupi del Russiagate. La prima firmataria è Maura Healey – democratica, guida il dipartimento di Giustizia dello Stato del Massachusetts – che ha definito il licenziamento del direttore dell’FBI “una violazione della fiducia dell’opinione pubblica”. Anche questa proposta ha l’appoggio di alcuni influenti membri del partito repubblicano, fra cui McConnell, oltre a praticamente tutto il partito democratico e gli editorialisti del New York Times.
Intanto, proprio la testata newyorkese riferisce di una cena tra Comey e Trump alla Casa Bianca nella quale il presidente avrebbe chiesto al direttore dell’FBI di promettergli “lealtà”. Comey gli avrebbe invece garantito di comportarsi con “onestà”, ma di non potergli rendere conto nel senso politico tradizionale. Tutto questo sarebbe accaduto una settimana dopo l’inizio del mandato di Trump. Prima dell’insediamento, il miliardario lo aveva elogiato più volte per aver riaperto l’inchiesta sulle mail di Hillary Clinton, la sua rivale democratica.
Già nei giorni scorsi il NYT aveva scritto che l’allora direttore dell’FBI aveva richiesto un aumento di fondi all’amministrazione, ma il dipartimento di Giustizia ha negato tutto. E anche in questo caso la Casa Bianca si è affrettata a definire “non accurata” la ricostruzione della testata newyorkese. Secondo la vice portavoce Sarah Huckabee Sanders, Trump “non lascerebbe mai intendere di aspettarsi lealtà personale, soltanto lealtà verso il nostro Paese”.
La stessa vice portavoce, giorni fa, aveva anticipato che il presidente avrebbe visitato a giorni la sede dell’FBI. Ma secondo NBC, che cita fonti interne all’amministrazione, sembra che ora Trump abbia cambiato idea. Sarebbero stati gli agenti della polizia federale a convincerlo. Comey era un direttore stimato e popolare, e la sua rimozione ha provocato un’ondata di shock fra i dipendenti dell’FBI. “Penso si sentano ancora fedeli a Comey”, racconta la fonte a NBC. Molti di loro, sui profili personali aperti sui social network, hanno sostituito le proprie foto con quella del direttore licenziato, come si fa per tradizione quando un agente FBI muore in servizio.
F.M.R.
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