Non si fermano le indagini sull’omicido di Yara Gambirasio: il fermo di Massimo Giuseppe Bossetti è stato trasformato in ordinanza di custodia cautelare. Interrogato in carcere, l’accusato, stavolta ha risposto ai magistrati, negndo di conoscere la vittima e la sua famiglia.Ha solo ammesso di aver incontrato il signor Gambirasio per caso, anzi per questioni di lavoro, dopo la scomparsa della figlia, e di averlo riconosciuto successivamente soltanto perchè in quel periodo si parlava molto della scomparsa della figlia. Gli inquirenti avrebbero raccolto prove schiaccianti contro il muratore di Mapello: il dna trovato sugli indumenti intimi della bambina confermerebbero il profilo genetico dell’uomo arrestato. La presenza di polveri di calce sul cadavere di Yara poi e i tabulati telefonici del cellulare di Bossetti, che avrebbe agganciato la cella di Mapello proprio nelle ore in cui veniva sequestrata la ragazzina, aggravano non poco la posizione dell’indagato. Dopo due giorni di silenzio, dunque, l’uomo ha finalmente iniziato a rispondere ai giudici, respingendo comunque ogni accusa. A Bossetti, tuttavia, i giudici contestano “la gravità intrinseca del fatto, connotato da efferata violenza”. A rincarare la dose le dichiarazione del gip Ezia Maccora: “La personalità dell’arrestato è capace di azioni di ferocia, come avvenuto su una giovane ed inerme adolescente, abbandonata in un campo incolto dove per le ferite e per ipotermia ha trovato la morte. La vittima era in condizioni di minorata difesa, non poteva sfuggire”. I giudici non sembrano avere dubbi sulle responsabilità del muratore, che si sarebbe trovato nei dintorni della palestra anche nei giorni che hanno preceduto l’omicidio.
Ma a fare quadrato contro le accuse dei magistrati ci sono le “donne” di Bosetti. Non possono credere che sia coinvolto nella sparizione e ancor meno nell’omicidio della tredicenne di Brembate. A difendere Bossetti è innanzitutto la madre, Ester Arzuffi, una donna accusata di aver tenuto nascosta una verità, quella del padre naturale dell’assassino per quarantaquatro anni. Non ci sta a soccombere senza difendersi dalle accuse e dalle gravi offese ricevute nelle ultime quarantotto ore: ai giornalisti, in presenza dei suoi legali, ha detto che “la scienza si è sbagliata, non sono stata con Guerinoni”. Accantonata la questione della paternità, è convinta dell’innocenza del figlio: “Se mio figlio confessasse l’omicidio, non gli crederei. E poi, con il carattere che ho, se lo avessi visto lì fisso a guardare i servizi in tv sulla bambina e avessi dubitato di lui, gli avrei detto: vai dai carabinieri. Altrimenti lo avrei trascinato io”.
Anche la gemella di Bossetti, Laura Letizia, difende il fratello: “Hanno voluto incastrarlo, non è lui. Ne sono sicura al cento per cento. Mio fratello, sangue del mio sangue, non conosce i Gambirasio e non conosceva Yara. Lui non ha fatto nulla. Io Massimo lo conosco meglio di chiunque altro. Siamo cresciuti insieme e so che non farebbe male a una mosca”. Solo la moglie di Bossetti, Marita Comi, appare titubante: pur senza accusare il marito, anzi difendendolo e parlandone in modo più che positivo sia come compagno che come padre, non è riuscita a fornirgli un alibi, perchè non ha confermato la presenza dell’uomo a casa, la sera del 26 novembre 2010, quando Yara sparì.
Resta da capire come un uomo ritenuto da tutti schivo e discreto, dedito al lavoro e alla famiglia, animalista convinto, possa aver commesso un crimine tanto efferato. Altrettanto difficile, però, pensare che la scienza abbia sbagliato così clamorosamente, nell’indicare compatibile al 99,9% il dna di Bossetti con quello dell’assassino. Gli investigatori sperano di rafforzare l’impianto accusatorio con nuove prove, tanto che hanno posto i sigilli all’abitazione della famiglia Bossetti e sequestrato il computer dell’uomo, alla ricerca di ulteriori nuovi indizi.
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