Il rischio povertà è la cosa che al momento ci preoccupa di più. L’eventualità di arrivare ad avere risorse economiche limitate ed insufficienti a mantenere una vita decorosa angoscia oltre il 60% degli italiani. Lo rivela il Censis nel 48mo rapporto sulla situazione sociale del Paese.
Il picco negativo della crisi è ormai alle spalle, ne è convinto il 47% degli italiani, il 12% in più rispetto allo scorso anno, tra le stesse persone aleggia un’aura d’incertezza. Nel nostro Paese c’è una vulnerabilità diffusa tanto che il 60% degli italiani ritiene che possa capitare a chiunque di finire in povertà, quota che sale al 67% tra gli operai e al 64% tra i 45-64enni. Una delle conferme viene anche dal tasso di natalità: in Italia si fanno sempre meno figli, per 8 su 10 è colpa proprio della crisi. Pensando al futuro, il 29,2% degli italiani è inquieto perché ha un retroterra fragile, il 29% in ansia perché non ha una rete di copertura, il 24% dice di non avere le idee chiare perché tutto è molto incerto e solo poco più del 17% dichiara di sentirsi abbastanza sicuro e con le spalle coperte. Tra i giovani (18-34 anni) sale al 43% la quota di chi si sente inquieto e con un retroterra fragile e scende ad appena il 12% la quota di chi si sente al sicuro.
L’incertezza sul futuro si riflette anche sulla gestione dei soldi da parte delle famiglie. A giugno 2014 è cresciuta fino a 1.219 miliardi di euro la massa finanziaria liquida di contanti e depositi bancari delle famiglie italiane. Il 44,6% dei nuclei familiari destina il proprio risparmio alla copertura da possibili imprevisti, come la perdita del lavoro o la malattia, il 36,1% lo finalizza alla voglia di sentirsi con le spalle coperte. La parola d’ordine è: tenere i soldi vicini per ogni evenienza. Secondo le stime del Censis, inoltre, 6,5 milioni di persone negli ultimi 12 mesi, per la prima volta nella loro vita, hanno dovuto integrare il reddito familiare mensile con risparmi, prestiti, anticipi di conto corrente o in altro modo, magari per affrontare una spesa imprevista.
Per il Censis gli effetti della crisi sono più diseguaglianze, meno integrazione, ceto medio corroso. L’Italia «ha fatto della coesione sociale un valore e si è spesso ritenuto indenne dai rischi delle banlieue parigine», ma le problematicità ormai incancrenite di alcune zone urbane «non possono essere ridotte ad una semplice eccezione».
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