Carlitos Tèvez e il suo "balletto del robot"
E’ stato il tema più discusso della vigilia dell’esordio stagionale in Champions della Juve: 5 anni, 5 mesi e 9 giorni, pari a 1988 minuti di digiuno e tutti a chiedersi come fosse possibile che un fuoriclasse universalmente riconosciuto come Carlitos Tèvez, 19 reti nella sua prima stagione in serie A (più uno in Supercoppa e un altro in Europa League), non riuscisse a trovare la via della rete nella manifestazione principe del calcio europeo.
In effetti, una spiegazione razionale non c’era. E Tèvez ha dimostrato ieri che, forse, il fattore casualità in alcuni frangenti ha ancora il suo peso. Lo ha dovuto constatare, a proprie spese, un pur coriaceo e solido Malmoe, giunto a Torino con l’unico realistico obiettivo di ergere un fortino impenetrabile e strappare un punto esterno dal valore aureo. Missione riuscita solo per la prima ora di gioco: il tempo impiegato dai campioni d’Italia per trovare le giuste contrarie di fronte a rivali così chiusi. Poi, allo scoccare dell’ora esatta, ci ha pensato proprio lui, il Carlitos tanto atteso, a dissipare le nubi che iniziavano ad addensarsi sulle teste di giocatori e tifosi, timorosi di assistere all’ennesima partenza ad handicap in ambito europeo (di questi tempi, l’anno scorso, la Juve aveva sbattuto contro il muro del Copenaghen e la stagione prima aveva dovuto subire un doppio sganassone di Oscar prima di rimettersi in carreggiata).
Diverse ma ugualmente splendide le due marcature dell’Apache: la prima a conclusione di una triangolazione a velocità siderale con Asamoah (spesso e troppo superficialmente bollato come portaborracce, ma in realtà, anche due piedi notevoli), superbo nel restituire di tacco il pallone all’attaccante, poi bravo a fulminare sulla sua sinistra il fin lì ottimo portiere danese Olsen; la seconda, quasi allo scadere, su punizione pennellata sul palo lungo (e qui, errori di piazzamento, suoi e della barriera, Olsen li ha commessi). Comune denominatore alle due marcature solo il “balletto del robot” con cui Tèvez ha festeggiato le due segnature, omaggiando la figlia che glielo aveva chiesto alla vigilia.
La punizione del 2-0 dell’Apache
Ma sarebbe ingeneroso nei confronti dei bianconeri sottolineare solo le prodezze del suo fenomeno argentino (ci fosse stato lui, al Maracanà…) trascurando una prestazione di squadra, comunque, se non spumeggiante, certamente molto convincente: sempre padrona del campo, mai frenetica (l’unico neo che si poteva imputare, in talune occasioni, al triennio con Conte), attenta dietro con Buffon chiamato in causa solo in un frangente, peraltro decisivo nell’impedire ad Eriksson il clamoroso ed ingiusto 0-1.
Molto buono il rientro di Chiellini; sempre in pressione e sempre alto Càceres (se anche Tabarez gli consentisse qualche scorribanda in più, palla al piede, ne guadagnerebbe tutto l’Uruguay); inesauribile Lichtsteiner (solo due macchie: l’idiosincrasia al tiro mostrata nelle due occasionissime davanti alla porta svedese); Evra che sembra vestire bianconero da una vita; Llorente ottimo sia nelle sponde che in conclusione (anche un gol annullato, peraltro giustamente); Morata che ha in comune con il connazionale non solo il passaporto ma anche la fisicità ma con caratteristiche tecniche molto diverse: due scampoli di partita sono stati sufficienti per scaldare l’esigente pubblico di Madama che ha sbito intravisto nel ragazzo una facilità nel correre con il pallone non comune. Per carità, a differenza di Coman, lo spagnolo possiede qualità già note, ma è stata proprio la qualità tecnica non sovrabbondante ad impedire alla Juve il salto di qualità in Europa. Allegri, al debutto Champions nello Juventus Stadium, può dirsi più che soddisfatto.
La gioia dell’Olympiacos
La sopresa di questa prima metà di tornata si è, invece, materializzata nell’atra gara del Gruppo A (quello che ospita la Juventus): i vicecampioni d’Europa e freschi reduci da un derby madrileno vinto al Bernabèu, hanno perso 3-2 al Pireo con l’Olympiacos. Un Atlètico che ha pagato soprattutto gli sbandamenti dietro nella prima mezz’ora, poi ha riporeso quota, dimezzato con Mandzukic e sfiorato il 2-2 in più di un’occasione, anche grazie alla verve garantita dal subentrato Griezmann. Anche Cerci, al suo esordio stagionale con i “colchoneros”, non ha sfigurato andando vicino al pareggio ed entrando nella rete finale del francese. Inutile, però perchè, nel frattempo, i greci avevano marcato la terza rete grazie ad un movimento da vero pivot di Mitroglou, uno degli obiettivi estivi del Milan per il dopo-Balo. Galliani, poi, virò deciso su Torres. Non è detto che non debba mordersi le mani. La partita consegna alla Juve due notizie: una buona, l’Atlètico, se non esprime intensità e cattiveria agonistica per tutti e 90 i minuti come vorrebbe sempre “cholo” Simeone, è un’ottima squadra ma non insuperabile; l’Olympiacos, già ad un passo dai quarti (a spese del Manchester United) l’anno scorso, è squadra vera e, tra le mura amiche, anche pericolosissima. Dovesse trovare qualche punticino anche fuori, rischierebbe di essere più di un semplice terzo incomodo.
L’esterno destro di SuperMario ha appena battuto Borjan per l’1-0
Quanto alle altre partite del martedì, da sottolineare le eccellenti performances condite da reti decisive per due nostre vecchie conoscenze: Balotelli per il Liverpool e Immobile per il Borussia Dortmund. Balo, già idolo indiscusso della “kop” (“Non ho nulla da dichiarare tranne il mio genio“, la citazione di Oscar Wilde, rigorosamente in italiano, che lo spicchio più caldo di Anfield Road ha voluto dedicare al suo nuovo beniamino), pur accolto con molto scetticismo in terra d’Albione (e con tanto di clausole “antibalotellate” nel contratto), sembra tornato sereno e libero da cattivi pensieri: in una parola, sembra di nuovo SuperMario. Anche se la sua rete dell’1-0 ( una magia d’esterno dopo un controllo complicato per il record di primo italiano a segnare in Champions con quattro maglie differenti), era stata vanificata dal pari dell’ostico Ludogorets (ne sa qualcosa la Lazio…), squadra sempre molto sottostimata.
Il rigore decisivo di capitan Gerrard
Poi, una follia in pieno recupero del portiere Borjan che, mal controllando il pallone con i piedi, ha finito con lo sgambettare Manquillo, per il rigore da tre punti di Gerrard. Che, forse, avrà, almeno per un pò, allontanato i fantasmi di un finale di stagione, l’ultimo, da incubo: errore madornale a trasformare un 1-0 già fatto in uno 0-1 (poi, 0-2, al fischio finale) con il Chelsea, viatico per la rimonta vincente del Manchester City nell’ultima Premier; tonfo al Mondiale con conseguente addio alla casacca con i Tre Leoni. Al termine della gara di Anfield, comunque, i due goleador di giornata hanno twittato tutta la propria soddisfazione.
Per Balo la kop scomoda anche Oscar Wilde
Nello stesso Gruppo dei “reds”, era molto atteso anche l’esordio del Real Madrid, spendaccione in sede di mercato quanto deludente in questo avvio di stagione con ben tre sconfitte ( tra cui due derby con l’Atlètico, il primo costatogli la Supercoppa di Spagna) su sei partite uffciali e Ancelotti, mai veramente amato da Pèrez, già sulla graticola: il 5-1 rifilato ad un Basilea un pò troppo allegro dietro, dovrebbe aver raffreddato il principio d’incendio alla Casa Blanca. A segno tutti gli innumerevoli tenori della squadra: Bale, CR7 (ormai lanciato verso il primato di reti nella massima rassegna continentale), James Rodriguez, Benzema, più l’autorete d’apertura del malcapitato Suchy. Ad illuminare la scena, con assist al bacio, Modric. Ad Ancelotti il non semplice compito di rendere questa “grandinata” qualcosa di più di un mero brodino. Rimangono da risolvere i problemi tattici che l’ultimo mercato ha lasciato in eredità: prendere James Rodriguez (un fuoriclasse, sia ben chiaro) per svolgere mansioni non sue al posto di chi, di quel ruolo, è il miglior interprete al mondo (ogni riferimento a Di Marìa è assolutamente voluto) è stato, da parte della dirigenza madridista, una mossa dettata solo da inutile e controproducente sensazionalismo. E sullo scambio Xabi Alonso-Kroos con il Bayern, l’impressione è che, perlomeno in termini di funzionalità, ci abbiano guadagnato i tedeschi. Da rivedere il centrocampo con il rientro di Khedira (si temono otto settimane out per il tedesco). Da ricucire anche il rapporto tifosi-Casillas. Don Carlo avrà parecchio lavoro davanti. Ma potrà farlo con un pò di tranquillità in più.
Il “sombrerone” di Bale
Rimanendo in tema di “italiani illustri”, da segnalare il protrarsi del momento difficile per Prandelli al Galatasaray: un 1-1 acciuffato in extremis grazie a Burak Yilmaz con l‘Anderlecht ad Istanbul, ma dopo aver rischiato in più occasioni lo 0-2 che avrebbe chiuso la gara in favore dei belgi, squadra giovane e ricca di talento.
Immobile apre le danze in Borussia-Arsenal
Il vereo big match di giornata era, comunque, di scena nel medesimo Gruppo, il D, di Gala-Anderlecht: Borussia Dortmund-Arsenal, di nuovo di fronte come nella scorsa edizione. Hanno prevalso gli uomini di Klopp per 2-0, risultato giusto e, per quanto mostrato nei 90 minuti, mai in discussione. Ma la vera notizia, per il tanto bistrattato calcio italiano risiede soprattutto nell’eccellente prova di Ciro Immobile, stavolta in campo dall’inizio e autore della rete che ha aperto le marcature, indirizzando il match nella sua direzione più logica, oltre a tante altre belle iniziative. Una bella nuova, anche per mister Conte.
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