Siamo alla fine della democrazia mentre si fa avanti l’ egocrazia di Palazzo. Uomini soli al comando e dissidenti: queste sono le figure che si trovano oggi in politica.
Nella diciassettesima legislatura, cominciata nella primavera del 2013, i passaggi di deputati e senatori da un movimento a un altro hanno segnato un record: più di duecento solo nei primi due anni. In questa epoca dei partiti personali non restano che due atteggiamenti possibili: acclamare il leader o ribellarsi. Ma la “ribellione” può avere tante motivazioni, può nascere da un sincero disaccordo politico o può costituire un utile mezzo per ottenere visibilità e importanza. Può essere, nel peggiore dei casi, un vendersi al migliore offerente.
Chi sono i dissidenti? Perché lo fanno? Come parlano? Che cosa vogliono? Sono difensori della democrazia o sono il sintomo del suo deterioramento in una egocrazia? Per rispondere a queste domande, il giornalista Alberto di Majo, autore del libro “Che fai….li cacci?”, presentato ieri sera a Roma, presso il Tempi di Adriano, in piazza di Pietra, ha parlato con i “ribelli” stessi, con sociologi, Filosofi, come Carlo Scognamiglio, psichiatri, come Narciso Mostarda, linguisti, con esponenti della Prima Repubblica e con il presidente emerito della Corte costituzionale Antonio Baldassarre. Ne emerge il quadro di una politica e una società che cambiano a ritmo di social, ma si rivelano ogni giorno sempre più individual.
“Viviamo in un’epoca di egocrazia, a maggior ragione con l’avvento dei social network”, spiega Alberto Di Majo, giornalista de Il Tempo. Di Majo racconta di molti dissidenti, “da Fini in giù”. “È finita l’era della mediazione tra le posizioni dentro ai partiti – dice – oramai o ‘sei con il capo o sei fuori'”. E la colpa è anche dei nuovi mezzi di comunicazione, dei “social network che hanno incentivati narcisismo e l’individualismo”: tweet, annunci, post. In questa egocrazia, Di Majo si chiede se la politica non sia diventata una “ludopatia”, una patologia che ingloba.
L’analisi attraversa tutti i partiti. Una parte del libro è dedicato al Movimento 5 stelle, che della comunicazione su internet e social network ha fatto una bandiera. Anche se “su quell’idea di democrazia su internet il M5s si è scontrato. Il poter esprimere ognuno la propria idea su internet si è rivelato non vero. E i fuoriusciti sono quelli che hanno contraddetto, accusati, il più delle volte, di essere interessati solo ai soldi”. Quanto dunque i nuovi mezzi di comunicazione sono nocivi a questi processi? “La tecnologia, i social – conclude Di Majo – può e deve essere usata in politica ma va rispettata la democrazia, che ha tempi suoi. Più lunghi di internet”.
“Che fai… li cacci?” propone una sorta di restyling in era port-moderna, della “Teoria dell’identità sociale” (in inglese “Social Identity Theory” o, in forma breve, SIT), sviluppata primariamente in Inghilterra da Henri Tajfel e John C. Turner a partire dagli anni ’70, ovvero uno dei principali modelli esplicativi di mesolivello della psicologia sociale contemporanea.
Il saggio di Di Majo risulta un’importante riflessione politica che val la pena seguire, proprio perché serve a comprendere i meccanismi di un sistema che a Palazzo si respira ogni giorno, ma che non travalica mai la soglia di Montecitorio.
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