Il 5 febbraio, ogni anno dal 2014, ricorre la giornata nazionale contro lo spreco alimentare. Dall’applicazione della Legge 19 agosto 2016 , che ha come finalità la riduzione degli sprechi nelle fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione di prodotti alimentari e farmaceutici, ad oggi, è stato quantificato in un buon 20 per cento di recupero di eccedenze dalla grande distribuzione, in un anno: una ‘benedizione’ per il mondo del volontariato impegnato nella lotta alla povertà. Centrati quindi gli obiettivi della nuova normativa volta a contribuire ad attività di ricerca, informazione e sensibilizzazione dei consumatori e delle istituzioni (attraverso il Miur sono state coinvolte anche le scuole) che guidi verso stili di vita corretti, con particolare riferimento alle giovani generazioni. Istituita nel 2014 per iniziativa del ministero dell’Ambiente, la Giornata nazionale contro lo spreco alimentare quest’anno assume un valore particolare, perché diventa anche l’occasione per effettuare il primo ‘tagliando’ alla legge anti-sprechi varata nell’agosto del 2016. La misura, concepita sull’onda di quella messa in campo dalla Francia l’anno precedente, ha già mostrato di funzionare meglio. Mentre Oltralpe, infatti, è stato introdotto un obbligo di donare e un regime sanzionatorio per chi non lo fa, in Italia – forti della presenza già consolidata del Terzo settore in questo campo – si è preferito mordere i rigori della crisi (e il conseguente aumento delle povertà) puntando su incentivi, sgravi e alleggerimenti burocratici destinati soprattutto alle aziende del settore alimentare che decidono di non gettare l’invenduto. Ne sono scaturiti possibili sconti sulla Tari (la tassa sui rifiuti) nonché agevolazioni Iva e sulle imposte dirette, e una semplificazione delle pratiche burocratiche finalizzate alla donazione. Il primo fatto virtuoso è stato posto in essere dallo stesso Parlamento, che – dopo le benevole astensioni delle opposizioni, in prima lettura, alla Camera – ha dato il via libera definitivo al Senato (dove il voto di astensione vale per regolamento come voto contrario) con un consenso praticamente unanime. Il che pone la norma al riparo da possibili ripensamenti con i nuovi equilibri che il cambio di legislatura potrebbe portare. Ma il fenomeno più virtuoso si è verificato in seguito, in fase di attuazione. Alle catene di grande distribuzione si sono aggiunti circa 264mila negozi alimentari, bar e ristoranti. Le stime della fondazione Banco alimentare, la più grande realtà italiana di recupero del cibo e sostegno ai bisognosi, parlano in questo anno e mezzo di un aumento di ben oltre il 20 per cento del recupero di eccedenze dalla grande distribuzione, da settembre 2016 a settembre 2017, grazie ad un incremento delle donazioni e un aumento dei punti vendita: in 12 mesi sono state raccolte 4.103 tonnellate di alimenti contro le 3.147 precedenti. Il Banco alimentare è riuscito inoltre a distribuire nel 2016 ben 66.478 tonnellate di alimenti a 8.035 strutture caritative che aiutano 1.585.373 persone. Intanto i primi Comuni, ad esempio Empoli e a Varese, hanno concesso sconti – previsti dalla norma – fino al 20 per cento sulla Tari a supermercati e negozi che raccolgono generi alimentari in eccedenza e li donano. E c’è anche chi ha fatto esercizio di fantasia. A Carpi si sperimenta ‘Il pane in attesa’ che, sul modello del ‘caffè sospeso’, consente ai clienti di donare un quantitativo di pane acquistato in eccedenza. E a Scandicci nelle scuole è partito il progetto ‘Salvamerende’: ai bambini viene dato un sacchetto dove conservare gli alimenti non deperibili (pane, frutta, merendine) che non riescono a consumare a pranzo.