Pechino ha installato due batterie di missili terra-aria in un arcipelago conteso del Mar Cinese meridionale. Lo rivelerebbero immagini riprese da ImageSat International e pubblicate da Fox News ieri pomeriggio, mentre il presidente USA Barack Obama era impegnato in un vertice USA-ASEAN a Sunnylands, in California.
La Cina non smentisce, ma secondo il ministro degli Esteri di Pechino, Wang Yi, si tratta solo di “limitata e necessaria autodifesa”. Non è d’accordo David Lo, portavoce del ministero della Difesa di Taiwan: “Le parti interessate dovrebbero collaborare per mantenere la pace e la stabilità nella regione del Mar Cinese Meridionale. Dovrebbero evitare qualsiasi mossa unilaterale che potrebbe aumentare le tensioni”.
I missili sono stati installati sull’isola di Woody, nota anche con il nome cinese di Yongxing, una delle isole Paracel, arcipelago corallino conteso fra Repubblica popolare cinese, Taiwan e Vietnam.
Un funzionario USA interpellato da Fox ha riconosciuto nelle foto satellitari il sistema di difesa HQ-9, che ha una gittata di circa 200 km. Immagini precedenti, scattate lo scorso 3 febbraio, non mostravano alcuna installazione militare: segno che le batterie sono state portate lì nelle ultime due settimane.
Secondo l’ammiraglio Harry Harris, comandante delle forze armate USA nel Pacifico, si tratta di “una chiara indicazione di militarizzazione, in modi che il presidente cinese Xi Jinping aveva promesso di non mettere in atto”. Nelle isole Paracel e nelle vicine Spratly, ugualmente contese fra gli stati circostanti, Pechino sta costruendo isolotti artificiali e basi militari per aumentare la sua quota di acque territoriali nel Mar Cinese meridionale. La pratica è stata oggetto di forti critiche internazionali: nei mesi scorsi – l’ultima volta a fine gennaio – diverse navi USA sono passate per le acque così “conquistate” da Pechino, sfidando la politica di mettere la comunità internazionale di fronte al fatto compiuto.
Dopo il vertice di Sunnylands, gli USA e i 10 stati del Sud-est asiatico che compongono l’ASEAN hanno diffuso una nota congiunta in 17 punti, in cui si dicono concordi sui principi della “libertà di navigazione” e della “risoluzione pacifica delle controversie” per assicurare pace e stabilità alla regione. Ma le divergenze di opinione fra gli stati hanno convinto i negoziatori a mantenere generico il tono del documento, che non chiama mai per nome la Cina né il Mar Cinese meridionale.
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