Uno sciopero globale in vista del summit Onu sul clima, in programma da lunedì a New York, ha registrato finora l’entusiastica adesione di oltre 150 Paesi.
A dare inizio a quella che sarà la più grande mobilitazione mondiale per il clima, il Pacifico e il sud-est asiatico con migliaia di studenti in strada in Australia, Thailandia, Indonesia ed India. Proprio in Australia i cortei stanno radunando quasi 300.000 persone secondo gli organizzatori del ‘School Strike 4 Climate’. Ed è una stima al ribasso perché riguarda solo 7 città sulle 110 nelle quali sono in corso le manifestazioni.
Manifestazioni e cortei anche in Giappone, Filippine e Birmania. Il clou è previsto proprio a New York, dove Greta Thunberg sarà la capofila. Ad oltre un milione di studenti è stata garantita la ‘giustificazione’ dalle autorità, potranno quindi saltare scuola senza penalizzazioni.
Ma questa volta non sono solo i giovani a partecipare a loro si sono uniti gruppi sindacali e umanitari, organizzazioni ambientaliste e impiegati di alcuni dei più grandi marchi del mondo. Oltre 1.500 dipendenti Amazon hanno annunciato la loro adesione allo sciopero, insieme ai lavoratori di Microsoft, che a inizio mese hanno twittato: “I lavoratori Microsoft si uniranno ai milioni di persone in tutto il mondo partecipando allo sciopero globale del clima guidato dai giovani il 20 settembre, per chiedere la fine dell’era dei combustibili fossili”. Patagonia, il noto marchio di abbigliamento outdoor, chiuderà tutti i suoi negozi del mondo per qualche ora dal 20 al 27 settembre, a sostegno del Movimento. “Nel momento in cui la leadership sul clima è inesistente, devono farsi avanti le aziende responsabili”, ha sottolineato Patagonia in una nota.
Diversi eventi sono programmati oggi anche in Turchia dove anche studenti delle scuole elementari manifesteranno il loro sostegno all’iniziativa sul clima con cortei e sit-in.
In Europa la Germania scende in piazza. A migliaia sfilano con la rabbia sul volto per un futuro che è sempre più ipotecato dai cambiamenti climatici, inarrestabili se non si provvederà in fretta a porvi rimedio con azioni adeguate. Eppure un barlume di fiducia si prospetta all’orizzonte tedesco: il governo di Angela Merkel spera di annunciare oggi il “Piano per il Clima 2030”, che i rappresentanti della sua coalizione hanno discusso in una riunione fiume durata tutta la notte. Dopo negoziati di oltre 15 ore, fonti del governo assicurano alla Dpa l’accordo per un pacchetto di misure sul clima sarebbe prossimo. L’obiettivo è di riuscire ad esaminarlo ed approvarlo oggi in sede di gabinetto sul clima, il gruppo ristretto di responsabili governativi che seguono il tema. Successivamente ci sarà l’esame parlamentare dei provvedimenti.
L’obiettivo di fondo è ridurre le emissioni di gas serra in Germania del 55% entro il 2030, dai circa 866 milioni di tonnellate di oggi ai 563. Tra le misure contenute nelle 138 pagine di bozza – secondo quanto ha anticipato la Dpa – vi è l’imposizione ai costruttori di automobili di quote obbligatorie di auto elettriche tra i nuovi veicoli immatricolati e il divieto di installare – a partire dal 2030 – nei nuovi edifici sistemi di riscaldamento a gasolio o che in generale facciano ricorso a combustibili fossili.
L’Italia
‘Ma quale mercato, ma quale profitto, distruggere l’ambiente non ne hai il diritto’; ‘Undici anni questo ci rimane se non agiamo adesso il Pianeta poi scompare’. Questi alcuni degli slogan scanditi in piazza Montecitorio durante il sit-in degli attivisti del movimento Fridays for Future Roma.
La manifestazione davanti alla Camera dei Deputati indica la ferma volontà di chiedere ai politici un serio impegno per la riconversione ecologica dell’economia. La principale richiesta dei giovani è “una riconversione energetica ossia l’abbandono dei combustibili fossili entro il 2050 e un investimento sulle fonti rinnovabili”.
Sono tante le iniziative in programma dal 20 al 27 settembre, quando studenti di tutte le età riempiranno le piazze italiane. Il corteo del 27 a Roma partirà da piazza della Repubblica per concludersi alle 13.30 a piazza Venezia dove prenderanno la parole ragazzi di tutte le età.
Ma l’Italia ieri non ha dato un buon segnale con le misure urgenti del suo “Green New Deal”, tornate indietro perché senza copertura finanziaria. Il piano che vuole segnare la svolta ambientale del governo e che Costa voleva avviare con il suo decreto approvato a due giorni dall’assemblea dell’Onu sul cambiamento climatico, cui sabato parteciperà anche il premier Giuseppe Conte, è stato rimandato al mittente, il ministro dell’Ambiente. Nel decreto con le prime misure verdi del governo giallorosso, affacciatosi ieri nel Consiglio dei ministri, manca l’indicazione delle risorse economiche per coprire le spese che comporta il provvedimento, e soprattutto il testo non è stato sufficientemente concordato con i ministeri più direttamente interessati. A cominciare dal ministero dell’Economia, dove il testo del decreto è arrivato ieri mattina, solo pochissime ore prima della riunione del governo. Si dice che verrà discusso al prossimo CdM, giovedì prossimo. Rimane invece ferma la data fissata per il summit Onu sul clima, lunedì prossimo.
L’Italia fa fatica a stare al passo, arranca. Purtroppo anche nel campo delle iniziative che dovrebbero servire a salvaguardare la salute e la sopravvivenza nostra, dei nostri figli, nipoti e pronipoti.
A.B.
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