La Coldiretti scende in piazza per difendere il Made in Italy contro l’invasione di alimenti “stranieri” contaminati. La più grande associazione di rappresentanza e di assistenza agricola italiana presenta oggi a Napoli la ‘black list’ dei cibi che arrivano sulle nostre tavole grazie anche ad alcune agevolazioni europee.
Al primo posto dei cibi più a rischio ci sono i broccoli cinesi, con quasi il 92% dei campioni esaminati irregolari per la presenza di residui chimici. Ma nella classifica redatta sulla basi delle analisi condotte da EFSA (Agenzia europea per la sicurezza alimentare), un posto di rilievo ve lo hanno due degli “odori” più usati della nostra Penisola, il prezzemolo del Vietnam e il basilico proveniente dall’India.
In un Paese dove la pizza rappresenta un simbolo dell’identità nazionale – afferma il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo – è chiaro che garantire l’origine nazionale degli ingredienti e le modalità di lavorazione significa difendere un pezzo della nostra storia, ma anche la sua distintività nei confronti della concorrenza sleale.
Se l’agricoltura italiana è tra le “più green d’Europa” con 281 prodotti a marchio Dop (Indicazione origine protetta) e Igp (Indicazione geografica protetta), troppi alimenti che invadono il mercato nazionale non raggiungono i livelli di certificazione richiesti e necessari. In molti casi, questo è dovuto alla discrepanza dei controlli e alla diversità delle regolamentazioni sui cibi nei vari Paesi.
Al primo posto vi è la Cina che detiene il record di prodotti alimentari irregolari contaminati da micotossine, additivi e coloranti oltre il limite consentito dalla legge. E se la pizza è un simbolo dell’Italia e un orgoglio all’estero, il condimento è costituito spesso dal concentrato di pomodoro proveniente dal mercato asiatico, che nel 2015 ha raggiunto un livello di esportazione di circa 67 milioni di chili, pari a circa il 10% della produzione nazionale di pomodoro fresco. Il concentrato cinese viene poi riconfenzionato come “italiano” poichè sull’etichetta non è obbligatorio citare il luogo di coltivazione ma solo quello di confezionamento.
Ma oltre alla Cina, al basilico prodotto in India che contiene Carbendazim, vietato in Italia perchè considerato cancerogeno, il prezzemolo vietnamita, che deriva da sostanze quali, nelle loro denominazioni inglesi, Chlorpyrifos, Profenofos, Hexaconazole, Phentoate e Flubendiamide, vi è anche l’Egitto, con le melagrane dall’Egitto (33% irregolari), le fragole (11%) e le arance (5%).
Finiscono nella lista anche il peperoncino della Thailandia e i piselli del Kenia (contaminati in un caso su dieci). Inoltre, risultanno irregolari anche il 15 % della menta del Marocco, i meloni e i cocomeri importati dalla Repubblica Dominicana. In particolare, al Marocco sono state concesse delle agevolazioni europee per l’esportazione di arance, clementine, cetrioli, fragole, zucchine, aglio e olio di oliva “che hanno messo in ginocchio le produzioni nazionali”.
“L’accordo con il Marocco – precisa la Coldiretti – è fortemente contestato dai produttori agricoli proprio perchè nel Paese africano è permesso l’uso di pesticidi pericoli per la salute che sono vietati in Europa”.
Sulla base della consulta online condotta dal Ministero della Politiche Agricole, il 96,5% degli italiani ha chiesto di “l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti: finalmente – conclude Moncalvo – ci sono le condizioni per cambiare le norme comunitarie nel senso della trasparenza sotto spinta di Italia e Francia, alla quale è già stata concessa l’autorizzazione della Commissione europea per l’etichettatura di origine”.
P.M.
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