L’inchiesta sulla Capitale controllata da mafia e delinquenza organizzata, si è trasformata in un fiume in piena che travolge un pò tutto e tutti. Dopo le iniziative della Procura, Roma più che stordita si riscopre nuda, orfana, allo sbando. La cosa che fa più discutere e che meglio interpreta le preoccupazioni dei cittadini è che l’andazzo del malaffare, dei trucchi, delle ingiustizie e delle rapine a danno degli onesti durasse da decenni.
Non è figlio unico dell’ex sindaco Alemanno che pure si dichiara estraneo ai fatti contestati per quello che lo riguarda. Nè al nuovo, Ignazio Marino, che però sembra voler chiudere gli occhi sul coinvolgimento giudiziario di uomini suoi e del Pd che al posto di primo cittadino pure lo hanno sistemato. Fare i furbi in un momento in cui tutto è abbastanza chiaro e far finta di non ricordare che le cooperative di Buzzi, il braccio destro di Carminati, gli hanno finanziato la campagna elettorale, è, per il primo cittadino, prima ancora che stupido, imbarazzante.
Il sindaco Ignazio Marino
Il premier Renzi dopo lo “sgomento” iniziale non ha perso tempo ed ha azzerato i vertici del Pd romano, nominando commissario il presidente del partito Matteo Orfini. I beni informati aggiungono che il presidente del Consiglio, starebbe valutando con il ministro degli Interni Angelino Alfano la possibilità di mettere un commissario sotto la statua del Marco Aurelio ma questo lo sapremo solo dopo. Di sicuro le condizioni per un intervento “manu militari” ci sono tutte, come conferma lo stesso prefetto Giuseppe Pecoraro ed un decreto di scioglimento dell’attuale giunta per infiltrazioni mafiose sarebbe la logica conseguenza di un’inchiesta che continua a riservare sorprese e che presto potrebbe portare ad una nuova ondata di incriminazioni e arresti.
Commissariare una giunta amministrativa però presenta controindicazioni di cui Renzi deve tener conto per non sbagliare mosse. Intanto c’è la questione interna al partito. Il malaffare da tempo, troppo tempo, fa parte della vita quotidiana di chi fa politica, a destra come a sinistra, passando per il centro. Non ci stancheremo mai di ricordare che l’esplosione giudiziaria attuale viene da lontano, molto lontano, e non risparmia nessuno. Il malaffare e le tangenti sono direttamente proporzionali all’attività delle amministrazioni locali e nazionali da decine di anni. E Roma non è stata mai da meno.
Negli ultimi trent’annni se si esclude la parentesi Alemanno, la città è sempre stata amministrata dalla sinistra. I liquami della Capitale vengono da lontano: è di questo che con serenità di giudizio dobbiamo prendere atto. Ma la cosa più sconcertante di questa storia è che Palazzo Chigi, oggi, corre il rischio di presentarsi ai summit internazionali con una Capitale della Nazione commissariata per mafia. Un biglietto da visita da repubblica delle banane. Ma se le brutte figure possono aiutare a far sopravvivere una città minata dal cancro, benvenga il commissario.
C’è però una cosa che va stigmatizzata: con la destra al governo della Capitale il degrado e l’inquinamento mafioso hanno conosciuto punte mai registrate prima. Fatto questo che non cancella però le responsabilità di quanti hanno raccolto il testimone al Palazzo Senatorio, lasciando che tutto corresse come prima. Come se nulla fosse. Di malaffare è intrisa non solo la politica romana e le sue diramazioni amministrative ma l’intera città. Questo è fin troppo ovvio.
L’estenzione e la profondità dei rapporti inquinati e inquinanti tra interesse pubblico e delinquenza organizzata è troppo esteso e radicato perchè la cosa possa essere risolta con l’allontanamento di qualche assessore o esponente di spicco della giunta. Roma è malata e per salvarla l’azzeramento del Campidoglio rappresenta solo il primo atto. Per la rifondazione della città serviranno anni di interventi radicali ed una rinascita morale, culturale e sociale che oggi all’orizzonte appare francamente ardua.
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