Dai ballottaggi delle comunali rinasce il centrodestra. A dispetto dello scetticismo ostentato da Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, dove corrono insieme, Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia sbancano le urne delle elezioni amministrative: al nord, dove la componente leghista prevale su quella berlusconiana, ma anche al centro-sud, dove i rapporti di peso sono invertiti.
L’altro vincitore di questa tornata elettorale è l’astensionismo. È andato a votare solo il 46% degli aventi diritto, 13 punti in meno rispetto al primo turno. Con almeno un risultato paradossale, quello di Trapani, come vedremo.
Il PD di Matteo Renzi perde tutte le sfide chiave, compresi Comuni che da settant’anni eleggevano solo sindaci di sinistra o di centrosinistra. È il caso di Genova, dove ha vinto Marco Bucci, di La Spezia dove si è imposto Pierluigi Peracchini, di Pistoia (Alessandro Tomasi), di Piacenza (Patrizia Barbieri).
Il centrodestra vince anche ad Asti, con Maurizio Rasero, e a Gorizia, con Rodolfo Ziberna. Svolta a destra anche Sesto San Giovanni, il grande centro industriale alle porte di Milano, un tempo “Stalingrado d’Italia”.
Alcune affermazioni della destra erano prevedibili, come quella di Sergio Abramo a Catanzaro o quella di Federico Sboarina, che a Verona ha battuto la senatrice Patrizia Bisinella – compagna del primo cittadino uscente, il leghista Flavio Tosi – in un inedito ballottaggio destra contro destra in cui comunque il PD sosteneva la candidata sconfitta. Ma altrove il centrosinistra ha perso in modo sorprendente e netto. In Emilia-Romagna ha perso sei città su sei, in Abruzzo ha perso L’Aquila – dove Americo Di Benedetto, erede di Massimo Cialente, è stato battuto da Pierluigi Biondi (FI) – e in Toscana, tre anni dopo Livorno, ha ceduto anche Carrara al M5S.
Votano PD, controcorrente, gli elettori di Taranto (riconfermato Rinaldo Melucci), di Lecce, che hanno eletto Carlo Salvemini, e di Padova, dove al leghista Giuseppe Bitonci subentra Sergio Giordani.
Il M5S perde Parma – riconfermato Federico Pizzarotti, ma con una lista personale, dopo l’uscita dal Movimento – ma si impone a Fabriano (AN) e in due importanti Comuni della periferia romana, Ardea e Guidonia.
A Taranto, invece, vince il partito degli astenuti. Il candidato di centrosinistra Pietro Savona, unico in corsa al ballottaggio, è riuscito a portare alle urne solo il 26,75% degli aventi diritto. Ma in Sicilia per convalidare le elezioni serve il 50%, quorum fissato da una legge del 1992 applicata oggi per la prima volta. E così è arrivato l’annullamento d’ufficio. Per un anno, ad amministrare la città sarà un commissario prefettizio.
È l’atto finale di una vicenda piena di colpi di scena. Il candidato berlusconiano Antonio D’Alì, coinvolto in un processo per concorso esterno in associazione mafiosa, era stato raggiunto da una richiesta di soggiorno obbligato e dichiarato “socialmente pericoloso” appena dopo la chiusura delle liste. Il suo rivale più credibile, l’ex sindaco Girolamo Fazio, anche lui di centrodestra, era stato arrestato il giorno dopo per un differente caso di corruzione e aveva passato due settimane agli arresti domiciliari. Scaduti i domiciliari, Fazio ha ripreso a tenere comizi e ha conquistato un elettore su tre, arrivando primo al primo turno. Avrebbe vinto facilmente il ballottaggio con Savona, ma ha preferito non partecipare per non ritrovarsi eletto mentre è indagato, nella speranza di essere prosciolto prima delle prossime elezioni.
Se però Fazio si fosse ritirato formalmente, avrebbe permesso a D’Alì, terzo al primo turno, di essere ripescato al ballottaggio. Così è sparito dalla circolazione fino alla scadenza del termine per presentare la lista degli assessori, un requisito necessario per potersi iscrivere al secondo turno in Sicilia. Ovviamente poi Fazio quella lista non l’ha presentata, ma non essendosi ritirato ha fermato in corsa anche il suo rivale. Per sconfiggere Savona, come si è visto, è bastato confidare nell’astensionismo e nell’ondata di caldo africano.
“Al momento appare una tranquilla, straordinaria vittoria del centrodestra”, ha commentato a caldo il capogruppo FI alla Camera Renato Brunetta, ospite a Porta a porta su Raiuno.
“Ora vado fino in fondo, a governare”, annuncia Salvini su Twitter: “I prossimi sono Renzi, Gentiloni e Boschi”. Parla di “risultato storico” il presidente della Liguria Giovanni Toti, alla guida della regione anche con i voti dei leghisti: “Il centrodestra ne faccia tesoro”. Telegrafica Giorgia Meloni: ”Uniti si vince, no perditempo”.
Se il grande sconfitto del primo turno era stato il Movimento 5 stelle, quello del secondo è il PD. Il segretario Matteo Renzi ha commentato con un tortuoso post su Facebook, parlando di risultati “a macchia di leopardo”, di “luci e ombre”, e bilanciando la débacle in Liguria ed Emilia Romagna con i risultati in Veneto e Puglia, “meglio del previsto”. Renzi non ci sta a parlare di disfatta, ma ammette che “poteva andare meglio: il risultato complessivo non è granché”.
Più conciso il capogruppo dem alla Camera, Ettore Rosato: “Abbiamo perso, ha vinto la destra”. Secondo lui il centrosinistra ha pagato “le divisioni interne, la scissione, aver inseguito M5S, la parcellizzazione”.
Intanto nel PD si fa risentire il leader della minoranza Andrea Orlando, che twitta di “cambiare linea” e di “ricostruire il centrosinistra subito”. Gli fanno eco diversi sostenitori di Giuliano Pisapia, in vista della kermesse del Campo progressista che si terrà il prossimo 1° luglio a Roma.
F.M.R.
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy