Comunione ai divorziati risposati: un problema non da poco in un progetto di educazione alla fede che, con le parole di Papa Francesco nel discorso ai catechisti (2013), deve “ripartire da Cristo”. Da vivere nell’ascolto della parola, nella preghiera, nei sacramenti. Il Sinodo sulla Famiglia è a metà del suo cammino: iniziato con la festa di San Francesco, domenica 4, terminerà il 25 ottobre prossimo. Ieri è entrato nel vivo di uno degli argomenti al centro del dibattito. Uno dei più sentiti da chi è fuori dell’Aula che riunisce 45 padri sinodali, rappresentanti degli episcopati, capi-dicastero, membri delle Chiese orientali, oltre a collaboratori del segretario speciale, uditori, delegati fraterni. Da chi attende con ansia risposte che fino ad oggi sono state per loro negative. Da quella moltitudine di persone che vivono da cattolici praticanti la situazione irregolare di divorziati risposati e che sperano nella possibilità di accostarsi anche loro al sacramento della comunione.
La concessione dell’Eucaristia ai divorziati risposati, è stato uno dei temi più controversi già all’assemblea straordinaria dell’anno scorso, con numerosi interventi che hanno mostrato “una gamma di tonalità che va da zero a cento”. La questione è ampiamente tornata nella valanga degli interventi nelle ultime 24 ore – 93 gli interventi, in meno di una giornata – e l’interesse per il tema si valuta “nella misura in cui – come ha sottolineato Romilda Ferrato, uno dei collaboratori (per la linga francese) del portavoce vaticano Padre Federico Lombardi – cristallizza più di altre questioni i diversi approcci che si esprimono in questa assemblea, tra chi sottolinea che il ruolo della Chiesa non è aderire all’opinione pubblica o politica, ma essere fedele al Signore, e chi dice che la Chiesa è accanto alla gente malgrado i loro fallimenti senza per questo tradire la dottrina, e chi fa appello alla prudenza e mette in guardia dall’adozione di soluzioni rapide che rischiano di aumentare la confusione generale e turbare i fedeli. Tra i due atteggiamenti in molti sottolineano che non si tratta per nessuno di un accesso indiscriminato alla comunione ma di proporre un approccio personalizzato sulla condotta dei fedeli guidato dai vescovi diocesani. Le posizioni presenti tra le due sono molto variegate, tanto che uno degli intervenuti ha detto di aver percepito una gamma di tonalità da zero a cento”. Al di là delle due posizioni più esplicite, molti vescovi hanno osservato che, in ogni caso, un percorso pastorale segnato dalla misericordia e dall’accoglienza non prevederebbe un accesso indiscriminato alla comunione, ma proporrebbe un approccio personalizzato affidato alla verifica dei dei vescovi diocesani.
A sorpresa, nell’Aula sinodale, alla presenza di Papa Francesco, il vescovo messicano Alonso Gerardo Garza Trevino, della diocesi di Piedras Negras, ha raccontato di un bambino che faceva la prima comunione nella sua diocesi e i cui genitori erano entrambi divorziati e risposati e non potevano prendere l’eucaristia. Il bambino allora, nel ricevere l’ostia, ne ha staccato due pezzetti e li ha dati ai suoi genitori. Quello che si sa per certo è che l’episodio narrato ha suscitato tra i presenti molta emozione. Si tratta di un piccolo gesto nato spontaneo dalla decisione di un bambino che non sopportava, nel giorno della sua prima comunione, che il suo papà e la sua mamma non potessero accostarsi all’altare per ricevere Gesù come tanti altri. Un semplice desiderio che rafforza il vero significato del sacramento dell’eucaristia “fonte e culmine – come è scritto nel Catechismo della Chiesa Cattolica – della vita cristiana”, il “compendio e somma della fede” di un cattolico.
Gesù diceva che per accedere al Regno dei Cieli dobbiamo tornare come bambini. Forse questo ne è un esempio lampante.
A.B.
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