Il giorno del giudizio per Genny ‘a carogna, leader della curva del Napoli e uno dei protagonisti principe di quell’allucinante 3 maggio 2014 costato, tra le altre cose, la vita al povero Ciro Esposito, deceduto 53 giorni dopo (fatto al quale, comunque, il “nostro” è del tutto estraneo, giusto precisarlo), è arrivato.
Genny ‘a carogna dà l’ok: si può giocare
Il Tribunale di Roma ha emesso il verdetto che non mancherà certo di far discutere: 2 anni e 2 mesi di reclusione (ma 6 mesi sono stati già scontati) per resistenza a pubblico ufficiale (reato commesso prima dell’afflusso all’Olimpico) e per aver aver scavalcato la recinzione della curva dell’impianto capitolino per condurre in prima persona la celeberrima “trattativa” con il capitano dei partenopei, Marek Hamsik, dopo la diffusione delle prime notizie sull’incidente occorso a Ciro Esposito (si era parlato di un omicidio già consumato mentre in realtà il ragazzo era ferito in ospedale). Ricordiamo tutto la scena surreale, trasmessa in mondovisione, con tutti i massimi rappresentanti dello Stato, presenti in Tribuna Monte Mario, costretti ad assistere, impotenti, alla scena surreale di un capo ultrà che, novello “Ivan il terribile” (al secolo l’ultrà serbo, Ivan Bogdanov che diede spettacolo di sè al Ferraris di Genova durante un Italia-Serbia), si permetteva di tenere in scacco tutti gli astanti, decidendo se e quando la finale di Coppa Italia avrebbe avuto luogo. L’istantanea di un intero Stato in ostaggio del figlio di un noto boss. Un momento di imbarazzante sospensione dello stato di diritto quale l’Italia è o dovrebbe essere.
Ma il “signor Genny ‘a carogna” non si era limitato a questo: durante la delirante esibizione a cavalcioni della balaustra della curva, il “nostro” indossava anche una maglietta (e non era il solo a farlo) con l’inequivocabile scritta “Speziale libero”. Riferimento che più esplicito non avrebbe potuto essere all’ultrà condannato, con sentenza passata in giudicato (altrettanto doverosa precisazione) per l’uccisione dell’ispettore capo della polizia, Filippo Raciti, avvenuta in un’altra notte di pazzia collettiva, quella del 2 febbraio 2007, durante i tafferugli che precedevano il derby di Sicilia, Catania-Palermo.
Beh, in attesa di conoscere le motivazioni della sentenza del Tribunale di Roma, ci limitiamo a registrare che quanto scritto sulla maglietta di Genny e dei suoi amici non costituisce ingiuria. Secondo i giudici romani.
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