Segnali positivi per Pil e occupazione. La stima arriva dal Centro Studi di Confindustria che nel suo bollettino “Congiuntura Flash” definisce il 2015 come “l’anno spartiacque” per l’economia italiana. Non è tutto però: secondo le valutazioni fatte le variazioni “probabilmente si riveleranno superiori alle previsioni correnti, anche a quelle più recenti”.
Il trend risente del traino di elementi esterni come il “crollo del prezzo del petrolio, la svalutazione del cambio dell’Euro, l’accelerazione del commercio mondiale, la diminuzione dei tassi di interesse a lungo termine”, fattori che sommati tra loro porterebbero, “sulla base di ipotesi prudenti”, a generare una “spinta per l’Italia pari al 2,1% del Pil nel 2015 e a un aggiuntivo 2,5% nel 2016”.
“Questi impulsi espansivi – si legge nell’analisi – restano sostanziosi anche una volta ‘fatta la tara’ al loro pieno concretizzarsi per tener conto delle difficoltà del contesto di grave crisi”. Il secondo fattore è rappresentato dalle “politiche più orientate alla crescita, che daranno maggiore sostegno all’occupazione e agli investimenti, grazie anche alla flessibilità conquistata a Bruxelles” mentre gli indicatori congiunturali “che segnalano la stabilizzazione della domanda interna e della produzione” offrono “una buona base di ripartenza”.
La ripresa dell’Eurozona sembra dunque essere più concreta: è aumentata la fiducia dei consumatori così come è salito il PMI composito e si iniziano a sentire “le ricadute positive della svalutazione, del più basso costo del petrolio e del credito meno stretto. La Commissione europea ha ampliato finalmente gli spazi per la politica di bilancio. Sarà possibile escludere dai vincoli del patto di stabilità, in certe condizioni, parte del cofinanziamento nazionale dei fondi europei (3,5 miliardi nel 2015 per l’Italia) e ridurre l’ammontare della restrizione richiesta (non più lo 0,5% strutturale ma lo 0,25%), anche in relazione alle riforme strutturali”.
Secondo Confindustria poi “la strana maggioranza tra il partito di sinistra del premier e il partito indipendentista anti-euro” in Grecia renderà più difficile del previsto “il negoziato con la Troika sul programma in corso e sul rimborso degli aiuti ricevuti” creando nuove incertezze. Secondo gli analisti l’esito più probabile resta un accordo che potrebbe addirittura portare a ulteriori spinte “verso politiche europee più espansive”.
“La svalutazione – si legge ancora – offre un freno alle pressioni deflazionistiche” e analizzando in particolare i cambi con le altre divise si è evidenziato come l’euro si sia “molto indebolito sul dollaro (-18,3%), al livello minimo da 11 anni (1,13) anche a causa della robusta crescita USA e della fine del QE della FED, e sulle monete a esso agganciate (-18,4% sullo yuan). Meno su quelle di altri importanti partner europei (-7,8% sulla sterlina e +2,1% sullo zloty polacco) ed extra-europei (-8,6% sulla lira turca, -5,8% sullo yen e -5,5% sul real). Il franco svizzero, dopo l’inatteso abbandono, a gennaio, del cap sull’euro a 1,20, è ora scambiato alla pari con la moneta unica”.
Anche il Quantitative Easing promosso dalla BCE contribuirà ad “abbassare i tassi reali a lunga nella media dell’Area euro di 109 punti base”. In particolare “il tasso sul credito alle aziende, già diminuito negli ultimi mesi, può scendere di almeno altri 0,4 punti con risparmi sugli interessi per 3,2 miliardi di euro all’anno”.
In flessione, invece, i dati sull’occupazione che lo scorso novembre è calata di 48mila unità che, con le altre perse a ottobre, portano la “variazione nel bimestre autunnale a -0,2% rispetto al terzo trimestre”. Tuttavia Confindustria rimane ottimista, ritenendo che “la diminuzione dello stock di persone con lavoro potrebbe riflettere il fatto che le imprese abbiano rinviato assunzioni al 2015, in vista dei cambiamenti normativi in atto e dei benefici contributivi appena introdotti. Se questa fosse la spiegazione allora è prevedibile un’ulteriore calo a dicembre, seguito da un rimbalzo nei primi mesi del 2015”.
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