Potrebbe sembrare un #hashtag: “Meno usciamo prima ne usciamo è il richiamo alla pandemia che il sindaco di Cagliari ha posto a pie’ dei manifesti 6×9 che nel capoluogo di regione non puoi non vedere. E quando li leggi ti viene un groppo in gola, perché il tono non lascia scampo:
“Quando hanno intubato mio padre ho ripensato a quella passeggiata che dovevo evitare”
Se giri l’angolo trovi altre di frasi scioccanti:
“Quando mio figlio è stato contagiato, ho capito che dovevo rinunciare a quella spesa inutile”,
e ancora:
“Quando hanno portato mia mamma in ospedale ho capito che avrei dovuto rinunciare alla corsa”
Non c’è dubbio che il sindaco di Cagliari abbia scelto la linea dura per fermare passeggiate e corse nella sua città. Gli appelli via social lanciati da Paolo Truzzu con cadenza quasi quotidiana dall’inizio dell’emergenza coronavirus, evidentemente non sono serviti a scoraggiare spostamenti non giustificati, e così il sindaco del capoluogo sardo ha alzato la posta, tappezzando le vie cittadine di manifesti con messaggi durissimi.
E ancora: “Quando hanno intubato mio padre, ho ripensato a quella passeggiata che dovevo evitare”. In un altro cartellone, invece, c’è scritto: “Quando hanno portato mia madre in ospedale, ho capito che dovevo rinunciare alla corsa”.
Nella gravità del momento sottolineata dai diversi appelli di governo e istituzioni centrali, non si può certo dire che non abbiamo cambiato – e neanche di poco – le nostre abitudini quotidiane. Ecco perché alcuni cittadini pare non abbiano gradito la scelta del sindaco cafliaritano. Sui social, consiglieri dei gruppi in Consiglio comunale a Cagliari hanno protestato contro la decisione per i toni diretti e senza mezzi termini con i quali ha invitato i suoi cittadini a restare in casa, evitando spese e passeggiate inutili e imparando a rinunciare alle corse per la città.
Sui social c’è chi dice: “Il messaggio che passa è inaccettabile e ingiusto, perché colpevolizza la cittadinanza, che si sta comportando più che egregiamente per la sua maggioranza e in una situazione che chiede dei sacrifici inimmaginabili sino a due mesi fa”. E ancora: “Questo è un modo di creare un clima di terrore, irrispettoso anche delle vittime e dei loro familiari. Surreale in una regione dove finora la metà dei contagi è avvenuta negli ospedali. I cittadini non sono delinquenti, in questo momento vanno aiutati e non controllati”. In molti quindi chiedono che la rimozione dei manifesti, invitando il sindaco a farsi “promotore di una campagna informativa istituzionale semplice e diretta. I cittadini hanno bisogno di una comunicazione seria e trasparente, non di terrorismo.
La cittadinanza di Cagliari non se lo merita”.
Ma il sindaco di Cagliari non è l’unico ad usare toni intimidatori per dire ai suoi concittadini “statevene a casa”. Il sindaco di Bari, poi imitato da alcuni colleghi di comuni più piccoli, è andato in strada per invitare gli abitanti a rincasare. Di più ha fatto Vincenzo De Luca , il presidente della regione Campania, che alla sua uscita
“in Cina un ragazzo uscito per strada durante la quarantena è stato fucilato, da noi non sono permessi questi metodi terapeutici”
ha fatto seguire un video in cui ammonisce “chi vuole festeggiare la propria laurea” e non solo. È diventato virale anche il video di Gianfilippo Bancheri, sindaco di Delia, comune in provincia di Caltanissetta, in cui con toni forti e decisi rimprove i suoi concittadini.
C’è bisogno davvero di ulteriori consigli e ammonimenti oppure, passate ormai due settimane abbondanti di ‘quarantena’ e in prospettiva di trascorrerne almeno altrettante agli arresti domiciliari, oppure possiamo ritenerci promossi al grado di cittadini autosufficienti con un senso civico tra i 6 e il 7-?
A.B.
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