Altri 889 morti a fronte però di 1434 nuovi guariti. Sono i dati diffusi dalla Protezione Civile come ogni sera alle ore 18 dall’inizio del dilagare della pandemia da Covid-19 in Italia. I casi attualmente positivi su tutto il territorio sono 70065 (+3651 venerdì 27 marzo): in isolamento domiciliare 39533, 26676 ricoverati con sintomi e 3856 in terapia intensiva.
Rallenta ancora la velocità del contagio: la percentuale di crescita ieri è stata del 6,9%, due giorni fa era del 7,49%. È questa la prima buona notizia del weekend nel quale, alla Protezione civile, torna il capo Dipartimento Angelo Borrelli, dopo alcuni giorni di riposo a casa per una leggera indisposizione. L’altra buona notizia è nel numero dei guariti: in un giorno ne sono stati registrati 1.434, cifra record dall’inizio dell’epidemia, che porta il totale a 12.384.
Riguardo invece alle persone decedute, rimane ancora molto alto il dato giornaliero: 889 ieri, per un totale di 10.023. Questi i dati dei positivi attuali e dei contagiati dall’inizio dell’epidemia: 92.472 persone hanno contratto il virus Sars-CoV-2 (5.974 persone in più di ieri, per una crescita del 6,91%). Attualmente i malati positivi sono 70.065 (il conto sale a 92.472, perché nel computo complessivo ci sono anche i morti e i guariti). I pazienti ricoverati con sintomi sono 26.676; 3.856 sono in terapia intensiva (+124), mentre 39.533 sono in isolamento a casa senza sintomi o con sintomi lievi.
«I morti sono tanti purtroppo — ha commentato Borrelli — ma sono convinto che se non fossero state adottate misure drastiche avremmo ben altri numeri e per le strutture sanitarie, che sono già in condizioni critiche, la situazione sarebbe stata insostenibile». «In quasi tutti i Paesi colpiti dal coronavirus — ha continuato il capo della Protezione civile — vengono imitate le misure adottate da noi». Borrelli non pensa che ci siano stati ritardi, sostiene che tutte le misure restrittive sono state prese nei «tempi giusti» in relazione alla situazione del momento.
Divieti, arriva la proroga
Sarà una ripresa scaglionata quella che segnerà la fine dell’emergenza da coronavirus. E sarà lenta. Soltanto dopo il nuovo blocco di due settimane che sarà decretato il prossimo 3 aprile e durerà fino al 18 aprile, si comincerà a discutere sui criteri per la progressiva riapertura. La condizione primaria rimane quella di R zero, l’indice di contagiosità inferiore a 1 (un positivo infetta meno di una persona). Ma anche dopo aver raggiunto questo risultato bisognerà mantenere alcuni divieti e limitazioni per impedire che la circolazione degli asintomatici possa far risalire il numero dei positivi. Ecco perché gli ultimi ad aprire saranno i locali dove maggiore è la possibilità per le persone di stare a stretto contatto come discoteche, i bar, i ristoranti, i cinema e i teatri. Mentre i primi a riprendere l’attività potrebbero essere quegli imprenditori che fanno parte della filiera alimentare e farmaceutica.
«Sarebbe un grave errore abbassare la guardia proprio adesso», dice il ministro della Salute Roberto Speranza. «I sacrifici che i nostri concittadini stanno facendo sono uno sforzo molto serio», riconosce il ministro, che ha sempre rivendicato di affidarsi agli esperti dell’Istituto superiore di Sanità, del Consiglio superiore di Sanità e del comitato tecnico-scientifico del governo. «Gli epidemiologi affermano che cominciano a vedersi i primi effetti del contenimento – continua Speranza – Ma sarebbe un rischio troppo grande invertire la rotta proprio adesso, con la Lombardia che ogni giorno dice addio a centinaia di persone: non siamo ancora al cambio di fase».
Misure strettissime anche per chi torna dall’estero secondo quanto annunciato poco prima delle ore 20 di ieri, sabato 28 marzo, dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte in conferenza stampa. «A inizio settimana ci incontriamo con gli scienziati del comitato tecnico scientifico e confidiamo che ci portino delle buone notizie. Ci manteniamo sempre vigili e attenti per adeguare le nostre valutazioni», ha spiegato ieri Conte. E le indicazioni degli esperti appaiono già scontate, a partire da quelle sulle festività pasquali che — la posizione del comitato sarà netta — «dovranno essere all’insegna della distanza». L’ordinanza emessa ieri per stringere le maglie rispetto ai ritorni dall’estero rende evidente anche il tempo che ci vorrà per consentire la libera circolazione tra gli Stati. Chi rientra in Italia – si stimano circa 200mila cittadini oltre ai 30mila già tornati- deve infatti «andare in quarantena e all’atto dell’imbarco su aerei o navi (con la mascherina) compilare l’autocertificazione per indicare l’indirizzo dove starà in isolamento. In caso di insorgenza di sintomi Covid19, «c’è l’obbligo di segnalazione con tempestività all’Autorità sanitaria». Le stesse regole valgono per chi torna con mezzi propri.
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