Il presidente russo Vladimir Putin parteciperà oggi pomeriggio al vertice di Minsk. Nel frattempo, però, le ostilità in Ucraina orientale non si fermano e si contano altre vittime civili degli scontri fra l’esercito di Kiev e i separatisti filorussi.
L’appuntamento a Minsk è fissato per le 17 locali, le 15 in Italia. Oltre a Putin saranno presenti i suoi omologhi, l’ucraino Petro Poroshenko e il francese François Hollande, e alla Cancelliera tedesca Angela Merkel, il cosiddetto “formato Normandia”.
Il Cremlino ha confermato in una nota ufficiale che Putin sarà al vertice, scongiurando i timori, rimasti vivi fino all’ultimo, che non si dovesse tenere alcun incontro fra i protagonisti della crisi. D’altra parte, martedì il portavoce Dimitri Peskov aveva annunciato chiaramente che la Russia era “realmente interessata” a risolvere la questione ucraina. Una fonte diplomatica, citata da La Repubblica, ha fatto trapelare un certo ottimismo: i presidenti non starebbero “andando a Minsk invano”, e la probabilità che si raggiunga un accordo sarebbe del 70%. Più caute altre fonti citate dall’agenzia russa Ria Novosti: è improbabile che a Minsk si firmi un documento, ammoniscono, ma ci si può aspettare una dichiarazione congiunta.
Martedì sera, al Cairo, dove ha incontrato il presidente egiziano Abdul Fattah al-Sisi, Putin ha ricevuto una telefonata dal presidente USA Barack Obama. Sul contenuto della conversazione vige naturalmente il massimo riserbo, ma si deve supporre che Obama abbia voluto chiarire di persona la propria posizione sulla situazione ucraina, dopo che negli ultimi giorni la sua presa di posizione e le sue accuse a Mosca gli avevano attirato una dura reazione da parte del Cremlino.
Un altro segnale da parte russa fa ben sperare quanti si aspettano risultati dal vertice. A Minsk, infatti, sarà presente di persona Vladislav Surkov, in qualità di consigliere presidenziale. Cinquant’anni, origini cecene e una fulminea carriera nel marketing durante le privatizzazioni degli anni Novanta, Surkov fa parte dello staff di Putin dal 2004; ha reputazione di eminenza grigia e si pensa sia l’ideatore della politica di espansione russa in Ucraina orientale, detta progetto Novorossija, “Nuova Russia”, come gli zar avevano battezzato la regione dopo averla annessa all’Impero nel Settecento.
Il presidente ucraino Poroshenko è stato il primo dei quattro a rilasciare una dichiarazione sulla sua partenza per Minsk. Da Kramatorsk, dove ha visitato in ospedale i feriti dell’attacco missilistico di martedì, in cui sono morte almeno quindici persone, Poroshenko ha dichiarato: “Troveremo un compromesso all’interno del Paese, dobbiamo difendere la pace, dobbiamo difendere l’Ucraina”. Ha poi aggiunto di recarsi in Bielorussia “per fermare le ostilità immediatamente e senza condizioni e avviare il dialogo politico, senza interferenze esterne”.
A Minsk, i quattro presidenti e i loro collaboratori avranno almeno quattro questioni da affrontare. La prima riguarda la definizione della linea del fronte: dallo scorso settembre, data del primo memorandum di Minsk, che stabilì un breve cessate il fuoco, i ribelli hanno conquistato circa mille kmq. La seconda ruota intorno al controllo delle frontiere russo-ucraine, che Mosca vorrebbe lasciar decidere in un accordo distinto fra Kiev e i separatisti. La terza questione verte sull’assetto che prenderanno le regioni separatiste di Donetsk e di Lugansk, che si sono dichiarate unilateralmente repubbliche indipendenti: Mosca vorrebbe che l’Ucraina si riorganizzasse in senso federale, mentre Kiev sosterrebbe uno statuto speciale di autonomie, una soluzione per cui il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni ha suggerito di ispirarsi al modello altoatesino. Il quarto punto verte sulla composizione della forza d’interposizione che garantirà il rispetto del cessate il fuoco. Il sogno segreto di Poroshenko sarebbero i caschi blu dell’ONU, ma il loro invio dipende da una decisione del Consiglio di Sicurezza che la Russia ha il potere di bloccare in qualsiasi momento. Ma la proposta di Putin, di costituire una missione di pace con truppe dei suoi alleati bielorussi e kazaki, preoccupa l’Ucraina, che la ritiene sbilanciata a favore dei russi.
Nel complesso, insomma, il “formato Normandia” dovrà limare le numerose asperità e fare tutto il possibile per raggiungere un accordo.
La Russia, oltre a evitare di doversi impegnare nella guerra, otterrebbe così un canale privilegiato di trattative con l’Europa occidentale. Già critici delle posizioni interventiste dell’amministrazione americana, gli europei sono più penalizzati rispetto agli alleati USA dal regime di sanzioni imposto per punire Mosca a causa del suo coinvolgimento in Ucraina. Trovare una soluzione certo non spaccherebbe la NATO, ma sarebbe senza dubbio un avanzamento della posizione russa di fronte a tutta la comunità internazionale, europea prima di tutto.
Anche l’Ucraina ha tutto da guadagnare da un accordo diplomatico. Poroshenko non può esagerare con le concessioni alla Russia o rischia la morte politica, tanto più in quanto conta sull’appoggio dei nazionalisti; ma subire un’eventuale guerra avrebbe effetti devastanti su tutto il Paese.
L’onda d’urto di un’eventuale guerra investirebbe in seconda battuta tutta Europa, nei suoi drammatici aspetti umanitari e di sicurezza oltre che economici e politici. Né Hollande né Merkel hanno però il potere di fissare il prezzo politico che Poroshenko dovrà pagare per la pace. Quel potere è nelle mani di Obama. Vistosamente assente da tutti i gruppi di negoziatori, il presidente USA potrebbe alzarsi da tavola con la fetta più piccola della torta, ma martedì prima di sentire Putin si è premurato di telefonare a Poroshenko. Dobbiamo supporre che i due presidenti abbiano fissato le dimensioni delle fette sotto le quali non sono disposti a scendere. L’esito delle trattative, in conclusione, dipenderà anche da quanta influenza internazionale saprà sacrificare l’America nel testa a testa con la Russia.
Mentre fervono i preparativi del vertice, nel Donbass militari e civili continuano a morire: negli ultimi giorni il livello degli scontri si è alzato continuamente, probabilmente per conquistare posizioni di vantaggio da far valere in vista dei negoziati, mentre il numero di vittime del conflitto ha superato quota cinquemila.
Le autorità dell’autoproclamata Repubblica di Donetsk hanno riferito che le truppe di Kiev avrebbero colpito un minibus uccidendo sei persone, tra cui l’autista, e ferendone almeno altre otto. Colpi di artiglieria avrebbero poi centrato una fabbrica e una stazione di autobus, provocando altri quattro morti e cinque feriti. L’agenzia Interfax, citando il portavoce dell’esercito di Kiev Vladislav Selezniov, riferisce di 19 soldati morti e 78 feriti nelle ultime ore nella sacca di Debaltseve, dove un contingente di 5.000-8.000 unità è accerchiato dai separatisti. La stessa agenzia riporta la notizia di un cacciabombardiere russo, un Sukhoi Su-24, precipitato in territorio russo nei dintorni di Volgograd. L’aereo non sarebbe stato abbattuto, ma si tratterebbe di un incidente: si sospetta un’avaria o una manovra sbagliata.
Filippo M. Ragusa
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy