Bullismo e cyberbullismo, quando la parola che viene data in pasto al web fa più male di un cazzotto. Proviamo a gettare un sasso in uno stagno e osserviamo il formarsi di centri concentrici che si allargano sempre più. E’ quello che succede con un messaggio quando non ha un destinatario unico e diventa virale.
Ciò che è devastante nel cambiamento tra bullismo e cyber-bullismo, è l’amplificazione per effetto delle tecnologie attuali utilizzate. Cambia l’ambiente e cambia l’autore che potrà muoversi in assoluto anonimato nell’indirizzare le sue minacce, ingiurie, diffamazione alla sua vittima. Unica certezza è che non potranno essere commessi reati che comportano fisicità.
Grazie all’aumento esponenziale dell’uso di Internet, e dei social network, si è passati da una vita di nicchia, circoscritta al solo ambiente dove i comportamenti illeciti che avvenivano potevano configurarsi come bullismo, ad una dove tutto è scrutato da milioni di occhi invisibili e sconosciuti, attraverso smartphone e schermi di pc, in tempi e spazi diversi.
Ad aggravare il quadro, già di per sé complesso e preoccupante, l’utilizzo principale della Rete da parte dei giovani che accedono ai social e alle varie applicazioni per condividere immagini, testi, video e trasportare ogni istante della loro vita quotidiana in questi vicoli della comunicazione.
Immaginiamo cosa può accadere ad un bambino o un adolescente, le principali vittime del cyberbullismo, che abbia ricevuto via internet messaggi minacciosi, dannosi o calunnie. Se il rischio iniziale può essere contenuto in un semplice disagio fisico, mal di pancia o mal di testa, oppure segnali psicologici, come incubi o attacchi d’ansia, alla lunga le vittime mostrano una svalutazione di sé e delle proprie capacità, insicurezza, difficoltà relazionali, fino a manifestare, in alcuni casi, veri e propri disturbi psicologici, tra cui ansia o depressione. Succede anche che smettano di frequentare la scuola: un 20% di ragazzi lo ha fatto.
A causa del bullismo online, uno studente su cinque ha saltato la scuola. E’ quanto emerge da un sondaggio condotto dall’Unicef tramite la piattaforma U-Report, su 170mila giovani di 30 paesi che hanno partecipato e secondo cui uno su tre ha vissuto esperienze di cyberbullismo.
Il 71% di coloro che hanno risposto al sondaggio crede che il cyberbullismo si verifichi soprattutto sui social e circa il 32% crede che i governi dovrebbero essere responsabili di porre fine al cyberbullismo, il 31% ritiene che dovrebbero esserlo i giovani e il 29% ha risposto le società di internet.
I dati disponibili suggeriscono che le ragazze hanno maggiori probabilità di essere vittime di cyberbullismo rispetto ai ragazzi. Si stima inoltre che gli studenti più grandi potrebbero essere maggiormente esposti al fenomeno rispetto a quelli più piccoli: i 15enni riportano una percentuale maggiore di cyberbullismo rispetto a quelli di 11 anni.
“Nel mondo, ogni 5 minuti muore un bambino a causa di violenza. Moltissimi altri convivono con le cicatrici causate da violenza fisica, sessuale e psicologica, che va dalle percosse al bullismo”, spiega Francesco Samengo, Presidente dell’Unicef Italia, in occasione del Safer Internet Day, la giornata mondiale per la sicurezza in Rete istituita e promossa dalla Commissione Europea per un uso consapevole della rete, un ruolo attivo e responsabile di ciascuno per rendere internet un luogo positivo e sicuro. “In un mondo digitale, la violenza che i bambini affrontano nelle loro case, scuole e comunità è spesso amplificata da sms, foto, video, email, chat e social media. A differenza del bullismo esercitato di persona, il cyberbullismo può raggiungere la vittima dovunque, in qualsiasi momento, spesso lasciando il bambino bullizzato in uno stato di ansia costante”, aggiunge Samengo.
L’aumento del cyberbullismo riflette la rapida espansione dell’accesso dei bambini e dei giovani a internet. In sette Paesi europei, la percentuale di bambini e adolescenti tra gli 11 e i 16 anni esposti a cyberbullismo è aumentata dal 7 al 12% tra il 2010 e il 2014. Secondo l’International Telecommunication Union (Itu), circa il 70% della popolazione giovane mondiale (15-24) era connessa nel 2017 (un numero in aumento rispetto al 36% degli under 25 nel 2011).
A.B.
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