I disordini a Tor di Quinto
Si complica ulteriormente la vicenda che vede protagonista Daniele De Santis, il “Gastone” che avrebbe fatto fuoco con una Benelli 7.65 con matricola abrasa, uccidendo Ciro Esposito, morto dopo 52 giorni di agonia dai tragici fatti che segnarono le ore prevedenti la finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina all’Olimpico.
De Santis è indagato, in concorso con altri quattro ultrà romanisti, per omicidio volontario. Sulla circostanza che sia stato proprio “Gastone” a sparare, ormai, inquirenti e Procura non sembrano avere dubbi: “Dalle tracce biologiche miste costituite da sangue ed altro materiale biologico sono stati estrapolati profili genetici riferibili a più soggetti, in cui appaiono nettamente maggioritari, e quindi chiaramente individuabili, quelli dell’indagato De Santis. Inoltre sui suoi guanti sono state trovate tracce univoche e compatibili con polvere da sparo (non altrettanto univoche quelle sulle mani, mentre solo all’interno di uno dei due sono state rilevate tracce del dna, ndr). De Santis avrebbe sparato a distanza ravvicinata, tanto che particelle di polvere da sparo sono state trovate anche sugli indumenti dei tifosi napoletani rimasti feriti”, si legge, infatti, nella perizia del Racis.
Tutto chiarito, dunque e De Santis , attualmente ancora ricoverato nel reparto protetto dell’ospedale Belcolle di Viterbo a seguito delle ferite riportate durante la rissa, avviato a sicura condanna per omicidio volontario?
No.
Perchè sarebbe stata rinvenuta una traccia ematica appartenente a De Santis sul cappellino di Ciro Esposito. Un elemento che rimette in discussione l’impianto accusatorio. Infatti, i periti del Racis sostengono che “fra i due sggetti dev’essere avvenuta un’interazione fisica rilevante, al pumnto da aver determinato un’evidenza ematica di De Santis su un indumento di Ciro Esposito“. Ancora non è possibile, però, stabilire se questa interazione si sia sostanziata in un semplice schizzo di sangue o in un impatto o in un vero e proprio contatto. Cioè, in una colluttazione. Bisogna ricordare, peraltro, che due tifosi napoletani, Gennaro Fioretti e Alfonso Esposito, presenti sulla scena del delitto con lo sfortunato ragazzo di Scampia e colpiti anche loro dai proiettili, risultano tuttora indagati per rissa aggravata.
Si aggiungano, a questo punto, le lacune e le contraddizioni emerse dagli interrogatori cui sono stati sottoposti i due tifosi napoletani sotto inchiesta: non sono riusciti a chiarire nè dove si trovasse Ciro, nè dove fossero loro, nè con chi fossero giunti nella Capitale (“Sono venuto con amici – ha detto uno dei due indagati al gip Giacomo Ebner e al pm Eugenio Albamonte – , però non mi ricordo il loro cognome. Non ho il loro numero sul cellulare, non ci siamo contattati quella mattina, ci siamo incontrati giorni prima e ci siamo organizzati. Ci incontriamo e andiamo a pesca insieme…“). Una sequela imbarazzante di “Non so” e “Non ricordo” che rischia di essere un potente alleato di De Santis.
Al momento, la ricostruzione dei fatti che emerge sembra essere la seguente: De Santis e i suoi amici “accolgono” un pullman con a bordo tifosi del Napoli lanciando bombe carta e fumogeni, quindi, in due separate autovetture, avrebbero trovato posto, tra gli altri (ma non si sa ancora chi), Ciro Esposito, Gennaro Fioretti e Alfonso Esposito che, fermatisi a Tor di Quinto, sarebbero scesi per dare manforte ai napoletani del pullman aggrediti. Di qui, la rincorsa a De Santis e il pestaggio dell’ultrà romanista.
Decisiva, ora più che mai, sarà l’udienza programmata il 24 settembre dove, in sede di incidente probatorio, si tenterà di stabilire il momento dello sparo: se precedente al pestaggio, sarà confermata, con ogni probabilità, l’ipotesi di omicidio volontario; se, viceversa, dovesse venir dimostrato che il colpo ha raggiunto Ciro durante la colluttazione, allora si aprirebbe la via per i legali di De Santis per provare a dimostrare la legittima difesa.
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