Sono due le famiglie dilaniate dal folle gesto compiuto da Pasqualino Folletto ad Asti sabato 4 luglio scorso. Due famiglie colpite da dolorose ferite, diverse, ma ugualmente profonde. Ma Piero e Pina Fassi, genitori di Maria Luisa, la tabaccaia uccisa da Folletto, hanno scelto di non lasciarsi devastare dalla sofferenza e dall’odio.
La famiglia di Maria Luisa da una parte e quella di Folletto dall’altra. Due mondi diversi ma soprattutto due modi diversi di affrontare le difficoltà della vita. Da un lato l’unione e l’affetto di una famiglia stabile e solidale e dall’altro la solitudine un uomo schiacciato dalle circostanze e dal senso di impotenza. Un uomo, Pasqualino, che aveva cercato nello stordimento e nella chimera del gioco d’azzardo un sollievo effimero e momentaneo, celato dietro l’inganno della falsa speranza di risolvere i propri problemi con un po’ di quella fortuna che gli pareva essergli stata negata.
Aveva dilapidato una piccola fortuna in quell’oblio, 11000 euro dell’accompagnamento per la figlia malata e una parte dello stipendio di 2800 euro ogni mese, ma cosa ancor peggiore aveva annientato del tutto se stesso e ogni possibilità di risollevarsi. Poi un gesto estremo, un altro illogico tentativo di volgere la sorte in proprio favore che è sfociato nella follia più completa. Non era un rapinatore Pasqualino, ma la disperazione ha preso sopravvento e lo ha trasformato in un assassino. In quell’atto folle, efferato e insostenibile l’intera vita gli è sfuggita di mano insieme a quella di Maria Luisa. Ma quello di Pasqualino a ben vedere più che un dramma umano e sociale, sembra un dramma esistenziale, interiore, che si è fatto prima ossessione e poi dipendenza dal gioco.
“Abbiamo saputo che quest’uomo ha una figlia malata”, nella tragedia e nel dolore invece la famiglia Fassi non smette di guardare all’altro, sono abituati così. Nell’afflizione non cedono alla disperazione perché sanno che paradossalmente l’unico modo per risollevarsi dalla sofferenza, anche la più grande, è evitare di ripiegarsi su se stessi. Piero e Pina sanno guardare oltre che a se stessi anche al dolore dell’altro e sanno che da un male, anche il più profondo e incomprensibile, se ne può uscire solo con il bene. Da genitori ora guardano alla sofferenza di un’altra figlia, quella malata di Folletto, e dichiarano: “Nel nostro piccolo, se vorrà, faremo ciò che è nelle nostre possibilità per rendere meno dolorosa e solitaria la sua sofferenza. La sua famiglia, uccisa anch’essa da un gesto folle, non ha colpa per quanto è successo”.
Ora la famiglia di Maria Luisa cerca solo di superare la propria pena e non vuole dire altro: “D’ora in avanti, quello che accadrà tra la nostra famiglia e la moglie e le figlie del signore arrestato, resterà solo una questione nostra, e della nostra coscienza”.
Un dolore unico, ma due modi diversi di sopravvivere alla sofferenza per tornare a vivere.
Vania Amitrano
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