Confermata la condanna all’ergastolo per Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello che già in primo grado era stato riconosciuto colpevole dell’assassinio di Yara Gambirasio, la giovanissima atleta bergamasca che la sera del 26 novembre 2010 non fece ritorno a casa, dopo gli allenamenti in palestra, e fu rinvenuta cadavere tre mesi dopo in un campo poco distante dal paese in cui abitava con la famiglia. Prima che i giudici togati insieme alla giuria popolare, composta da tre uomini e tre donne, designati alla revisione del processo precedente si riunissero per deliberare, l’imputato aveva rilasciato dichiarazioni spontanee proclamando la sua innocenza e lanciandosi una disperata autodifesa:
Questo è il più grave errore giudiziario di questo secolo – aveva detto leggendo da un foglio estratto da una cartellina rossa – Yara poteva essere mia figlia o la figlia di tutti voi. Neppure un animale meriterebbe una fine così, tanto dolore, tanto accanimento, tanto sadismo. Non oso immaginare il dolore dei familiari.
Dopo una lunga camera di consiglio durata quindici ore, la Corte d’appello ha confermato il giudizio di primo grado che aveva riconosciuto Bossetti unico imputato per l’omicidio aggravato dalla crudeltà della tredicenne di Brembate di Sopra, avvenuto il 26 novembre 2010.
I giudici della Corte d’assise d’appello di Brescia si erano ritirati alle 9.30 del mattino. E solo quando l’orologio segnava ormai la mezzanotte e mezza del 18 luglio, oggi, il presidente Enrico Fischetti si è presentato in aula per leggere il verdetto. Un verdetto che ricalca in pieno la sentenza precedente e non lascia scampo al carpentiere di Mapello ossessionato dalle tredicenni, se non con un ricorso alla Corte di Cassazione per le revisioni procedurali e l’eventuale annullamento del processo di secondo grado, e che l’imputato ha accolto non riuscendo a trattenere le lacrime. Così pure sua moglie, Marita Comi. “Abbiamo assistito alla sconfitta del diritto, il ricorso in Cassazione è scontato” è il commento a caldo dell’avvocato dell’imputato, Claudio Salvagni. Di segno opposto la dichiarazione di Enrico Pelillo, rappresentante legale della famiglia Gambirasio: “Giustizia è fatta, le carte processuali dicono che la sentenza andava confermata”.
A.B.
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