“Il governo distorce la democrazia…”Ad alzare il livello dello scontro tra sindacati ed esecutivo è stata ancora una volta la leader della Cgil Susanna Camusso. Ed ancora una volta a prendere bacchettate dal premier Renzi che in materia di politica economica e sociale non intende lasciare spazi alle rappresentanze dei lavoratori è sempre lei, Susanna Camusso. Quello tra esecutivo e sindacati si sta trasformando ormai in un dialogo tra sordi che il segretario della Cgil sembra ostinatamente interessata a tenere in vita. L’ennesimo e fallimentare affondo per tornare ad una concertazione fatta propria dagli ultimi governi della repubblica ma mai accettata dal nuovo premier è stato propinato ieri al congresso della Conferderazione in corso a Rimini.
La leader sindacale parla di “insofferenza e torsione democratica” da parte di Renzi che replica seccamente e con durezza: “la musica è cambiata, siete conservatori…”. Replica ancora la Camusso, ignorando tutto quanto fatto dal governo in materia di salari, contratti e pensioni: Renzi “parla come Berlusconi”. Una vera dichiarazione di guerra sulla quale Renzi mette una pietra tombale: “noi cambiamo l’Italia i sindacati non possono bloccare tutto”. Come dire, agitatevi pure io vado avanti per la mia strada. Indietro non si torna.
Attacchi e repliche meritano alcune riflessioni. La prima, forse la più importante. La voglia di non prendere atto da parte della Camusso che quella del lavoro e della disoccupazione dilagante, insieme al perdurare della crisi, sono problemi che l’Italia deve affrontare in via prioritaria nell’ambito di una ricontrattazione dei vincoli europei sul fiscal compact. Analisi e problemi che la Cgil e gli altri sindacati ben conoscono e sui quali il loro giudizio è noto da anni. Dunque parlare di “forzatura” da parte del governo, è nel migliore dei casi tanto improprio quanto ingiusto. Un dialogo preventivo con i sindacati su materie che l’Italia deve ancora discutere e verificare a livello Ue, Banca centrale europea e partners continentali che senso ha? Nessuno.
Secondo aspetto del problema. La Camusso con i suoi richiami alla concertazione, ovvero al ruolo politico del sindacato fa finta di non capire che negli ultimi due tre anni è profondamente cambiato grazie a Grillo e Renzi trionfatore alle primarie che lo hanno portato alla guida del Pd, il quadro istituzionale di un’Italia drammaticamente in difficoltà, stanca di mantenere in vita un sistema ingessato, sperequato ed asfitttico. Ad aggravare la perseveranza del sindacato nel rivendicare un ruolo improrponibile in questa fase di riforme e trasformazioni è la recidività con la quale la Camusso ignora i no dell’esecutivo. Come dimenticare il brutale out out della Cgil quando si concretizzò la proposta del governo di riconoscere ottanta euro in busta paga a dieci milioni di lavoratori con redditi bassi e bassissimi. “Prima di prendere decisioni deve parlare con noi…” disse col piglio di chi è pronto a scatenare una rissa pur di non legittimare un più che legittimo dissenso a non confrontarsi su temi che il governo riteneva essenziali se non strategici rispetto al proprio programma. Anche allora minacce, avvertimenti e insulti si sprecarono. Ma Renzi tirò dritto spiegando che non si sarebbe fatto condizionare dal sindacato:”E’ la fine di un’epoca”.
Sui rapporti con le parti sociali Renzi ha le idee più che chiare, condivisibili o meno. Il premier per usare le sue parole “fa campagna sul sindacato conservatore” e riserva alla Cgil lo stesso trattamento messo in atto nei confronti della Confindustria confermando che su salari ed Irap non avrebbe aperto varchi al dialogo. Dunque è da biasimare un presidente del consiglio che non intende farsi farsi trascinare nella palude di “un Paese bloccato” dagli interessi corporativi, dalle meline, dai rinvii inconcludenti e dai ricatti? Ovvero dalla perniciosa politica del nulla. Certamente no.
Ma quello successo a Rimini è l’aspetto socialmente speculare di quanto avviene nei palazzi del potere dove a giocare un ruolo velenoso sono ancora i partiti alle prese con le riforme. E per capire quanto ci sia ancora da battagliare per cambiare le cose dobbiamo fare un passaggio su quanto accaduto ieri alla commissione affari costituzionali del Senato, dove, grazie ad un ordine del giorno di Calderoli e alla defaillance di alcuni esponenti della maggioranza, a cominciare dal popolare Mario Mauro e dal PD Corradino Mineo, il governo è andato sotto sulla bozza di riforma di Palazzo Madama costringendo Renzi a minacciare : “basta giochi o mi dimetto”.
Torna alla grande il balletto delle scelte legate agli opportunismi di ruolo, di partito e di interessi di casta politica tutti indissolubilmente legati tra loro nell’obiettivo di tenere in vita quella palude che negli ultimi anni ha finito di mettere in ginocchio una società ed una convivenza civile che merita ben altro che sindacati e furbetti schierati in difesa non del diritto a dare contributi ma in quello più meschino di alimentare la palude melmosa che per troppo tempo ha soffocato il diritto legittimo degli italiani a voltare pagina.
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