“Vogliono umiliarci”. Il premier greco Alexis Tsipras riassume così la posizione della –ex- Troika ai parlamentari di Syriza. “L’ossessione dei creditori per un programma di soli tagli non può essere un errore, ha una valenza politica”. La lettura del Premier, infatti, è una: i creditori utilizzano i negoziati per mostrare i muscoli, mentre Atene agisce in buona fede.
Ne ha per tutti il leader ellenico, che rinfocola la polemica: la Bce, infatti, starebbe insistendo su una linea di “strangolamento finanziario”, mentre il Fmi, che avrebbe addirittura “responsabilità criminali”, ”vuole misure difficili” e l’Europa continua a rifiutare lo sgravio del debito”.
A bloccare le trattative le “divergenze tra commissione Ue e Fmi sulla ristrutturazione del debito” che rimane sullo sfondo dell’esigenza di trovare un “accordo fattibile con i creditori, non uno che tra sei mesi riporti la Grecia nella situazione attuale”.
“Il mandato del governo – aggiunge – è di porre fine alla politica dell’austerità. Per raggiungerlo dobbiamo trovare un accordo che distribuisca il peso degli oneri e non danneggi salariati e pensionati”.
“Fissarsi sui tagli, molto probabilmente, fa parte di un piano per umiliare un intero popolo che nei passati cinque anni ha sofferto per colpe non sue”.
Posizioni, queste, difese anche dal ministro dell’economia Varoufakis, che dalle colonne di Der Spiegel, afferma di non “vedere altro spazio per concessioni” ai creditori.
Atene, dunque, si trova a muoversi su un campo minato, la cui pericolosità è evidente. Dopo il naufragio del tavolo negoziale dello scorso fine settimana, il rischio di una uscita dall’area Euro è concreta, anche perché le cifre che devono essere rifuse ai creditori di qui ai prossimi due mesi sono tutte a nove zeri: 1,6 miliardi di euro vanno restituiti al Fondo monetario entro giugno, mentre 6,7 miliardi di euro devono essere rimborsati alla Bce tra luglio e agosto. Tuttavia l’intenzione dell’Europa resta quella di tenere la penisola ellenica nella divisa comunitaria tanto che domani, prima dell’Eurogruppo, si attende una nuova mediazione da parte del cancelliere austriaco Werner Fayman.
Un forte segnale arriva anche da Angela Merkel che, per scongiurare l’ipotesi Grexit, ha affermato di volersi concentrare “con tutte le mie forze per far si’ che si trovi una soluzione e far si’ che sia possibile che la Grecia resti nell’euro. Questo ritengo sia il mio compito e a questo mi dedico in questi giorni”.
Non basta però l’impegno a rassicurare i mercati finanziari, che rimangono in rosso e con contrattazioni decisamente flebili. Solo l’apertura di Wall street ha contribuito a migliorare leggermente l’andamento dei listini del vecchio continente, che adesso, dopo ore di segni meno, si attestano quasi tutti sulla parità. L’eccezione rimane ovviamente Atene, che fa segnare perdite di oltre il 4% .
In due settimane, dunque, bisogna trovare una soluzione a un problema non più solo economico. Lo scontro, infatti, in questi mesi si è spostato dalla matematica finanziaria alla difesa di un interesse nazionale. Tsipras è stato chiaro quando ha sostenuto che “dovendo scegliere se pagare stipendi e pensioni o la Troika non avrei dubbi sul cosa fare”, ma anche reperendo i fondi da restituire all’Fmi entro fine mese, ed evitando il default, il problema si ripresenterebbe con i quasi sette miliardi da rifondere alla Bce.
Le ipotesi che si aprono, di fronte alla mancata restituzione di una tranche di prestito, sono o un ‘fallimento pilotato’ o il ritorno alla Dracma.
Il primo caso implica un commissariamento di fatto del governo di Atene: la Bce sosterrebbe con fondi di emergenza il sistema bancario ellenico introducendo una valuta parallela – la cui svalutazione sarebbe rapida – all’Euro che comunque rimarrebbe divisa corrente.
Il ritorno alla Dracma, invece, sarebbe un crac reale senza rete di protezione. Il ritorno alla vecchia valuta introdurrebbe una svalutazione immediata stimata in almeno il 40% rispetto all’euro. I contraccolpi sul sistema economico e sociale rischiano di essere pesantissimi, soprattutto in una economia già in difficoltà e legata al sistema di importazione.
Se la Grecia piange, però, l’Europa non riesce a ridere. Basti pensare, per rendere l’idea, che l’Italia ha acquistato circa 60 miliardi di bond greci che potrebbero trasformarsi rapidamente in carta straccia. Senza calcolare l’impatto che la grexit potrebbe avere sui titoli degli altri stati europei.
La situazione è di equilibrio precario. Viene da chiedersi, alla luce del fatto che in decenni di Ue le economie comunitarie sono diventate strettamente interconnesse, se non sia stato un errore non procedere prima a una unificazione reale dei paesi europei e non solo limitarsi a un federalismo monetario. L’imperfezione di un sistema a metà, infatti, oggi emerge in tutta la sua preoccupante evidenza.
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