La Russia rischia la faccia per il doping di Stato. Nel rapporto pubblicato ieri, la commissione d’inchiesta indipendente istituita dalla WADA – l’agenzia mondiale antidoping – ha chiesto due anni di squalifica degli atleti di Mosca da tutte le competizioni internazionali, compresi i giochi olimpici in programma l’estate prossima a Rio de Janeiro.
Il Cremlino non ci sta: “accuse infondate”, tuona Dmitry Peskov, portavoce del presidente Vladimir Putin. Domani il Presidente in persona incontrerà i capi delle federazioni sportive russe, ufficialmente per discutere della preparazione degli atleti in vista delle Olimpiadi.
Non si tratta solo di cerimoniale: Putin è un convinto sostenitore – non il primo, in verità – dell’utilità dello sport per promuovere l’immagine del suo Paese nel mondo. Lo hanno ben testimoniato le Olimpiadi invernali organizzate nel 2014 a Sochi, sul Mar Nero, località scelta anche per il vertice di domani. E ai più distratti lo ritestimonieranno i mondiali di calcio del 2018.
Le accuse contenute nel rapporto, d’altra parte, guardano più in alto delle federazioni sportive nazionali: il governo, nello specifico il ministro dello Sport Vitaly Mutko, avrebbe fatto pressione sulla RUSADA, l’agenzia antidoping russa, per “manipolare alcune specifiche provette”. Il documento si spinge a ipotizzare un ruolo del FSB, i servizi segreti di Mosca, nell’organizzazione di Sochi 2014.
Intanto la WADA ha deciso di sospendere – a titolo provvisorio, ma da subito – il laboratorio antidoping di Mosca. Come conferma anche l’agenzia antidoping nazionale, ai tecnici russi è stato ordinato di fermare tutte le analisi in corso: i campioni di sangue e urine saranno smistati oltreconfine – “in modo sicuro e rapido”, specifica la WADA – in altri laboratori accreditati. Sui fatti, continua la WADA, indaga una commissione disciplinare appena costituita.
Mosca ha tre settimane per presentare ricorso al TAS, il Tribunale arbitrale per lo Sport, e ne ha tutta l’intenzione. Lo ha detto all’agenzia TASS l’ex presidente dell’ARAF, la Federatletica russa, Valentin Balakhniciov. Balakhniciov non compare fra i maggiori indiziati di colpevolezza nel rapporto della commissione d’indagine, quelli per cui il documento chiede la radiazione a vita dalle federazioni sportive. Ma Liliya Shobukhova, la maratoneta squalificata l’anno scorso, e il suo allenatore – e marito – Igor Shobukhov lo hanno accusato di aver preteso una mazzetta da 450 mila euro per “ripulire” il passaporto biologico dell’atleta, che in questo modo ha potuto partecipare ai Giochi di Londra 2012. Shobukhova è stata poi squalificata ad aprile 2014 e tutti i suoi risultati dei cinque anni precedenti sono stati cancellati, compreso il primato personale che ne faceva la seconda atleta più veloce nella giovane storia della maratona femminile. Balakhniciov invece si è dimesso a dicembre 2014, quando la TV tedesca ARD ha pubblicato la prima inchiesta sul doping di Stato, che ha convinto la WADA a istituire una commissione ad hoc.
I massimi dirigenti sportivi russi sono convinti che le tesi della commissione d’inchiesta siano infondate. Vadim Zelicienok, presidente ad interim dell’ARAF, ha dichiarato di non aver “mai ricevuto alcun documento che provi la sistematica distribuzione di sostanze dopanti nell’atletica nazionale”. Zelicienok ha detto di sperare “nella prudenza della commissione IAAF”, ma anche di credere che le accuse abbiano “un elemento di carattere premeditato”.
Anche Vladimir Uiva, capo dell’Agenzia federale medico-biologica russa, si è detto convinto che la motivazione delle accuse sia “assolutamente politica” e che non ci sia alcun motivo di squalificare gli atleti: “Verrà fatta una richiesta al ministero dello Sport e saranno date le spiegazioni necessarie”. Il ministro Mutko, a sua volta, ricorda che il rapporto della commissione d’inchiesta non contiene prove né fatti nuovi.
Non la pensa allo stesso modo il presidente della IAAF, l’ex mezzofondista inglese Sebastian Coe: “Le informazioni contenute nel rapporto WADA sono allarmanti. Abbiamo bisogno di tempo per analizzarle correttamente e comprenderne i risultati. Nel frattempo ho invitato il Consiglio ad aprire un procedimento nei confronti della Federatletica russa”. Coe è entrato in carica lo scorso primo settembre al posto dell’ex saltatore senegalese Lamine Diack, coinvolto nell’inchiesta e attualmente indagato per corruzione dalle autorità francesi.
F.M.R.
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